LA CRISI ECONOMICA INGLESE 2 21 nezia nel sec. XVI e per l'Olanda nel sec. XVIII: eh' essa cioè conservi la sua grande rie chezza, che seguiti ad essere una grande potenza finanziaria, ma che perda ogni forza di espansione, che non sappia più trasfor- . marsi e seguire il passo delle altre potenze, che ormai la precedono o minacciano di precederla sulle vie delle nuove conquiste economiche. Che la Gran Bretagna si trovi a questo punto critico della sua evoIuzione, sembrerebbero confermarlo il suo ritorno al protezionismo doganale e la propaganda che si è andata intensificando per il richiamo dei capitali e della mano d'opera ali' agricoltura. Se il protezionismo è soltanto un espediente temporaneo, inteso a permettere ad alcune industrie di superare la crisi ed agguerrirsi per la conquista di nuovi mercati, può darsi che esso non rappresenti che una semplice sosta nello sviluppo economico dell'Inghilterra. Ma se esso dovesse diventare stabile e sistematico, se esso, completato dal ritorno dei capitali e della mano d'opera alla terra, dovesse condurre ad un nuovo equilibrio economico, per cui le industrie mirassero sopratutto ad assicurarsi il mercato nazionale e l'aumentata produzione agricola riducesse a proporzioni assai modeste la necessità delle esportazioni industriali, in tal caso si potrebbe concludere che il periodo della grande espansione britannica è chiuso definitivamente e che si prepara per essa un destino non molto diverso da quello dell'Olanda. Ma vi è un punto su cui la situazione dell'Inghilterra si differenzia da quella di tutte le altre potenze che l'han preceduta sulla via del ·primato e della decadenza mercantile e industriale ed è quello della situazione demografica profondamente diversa. Anche prescindendo dal fatto che nella storia non si ricordano esempi di grandi esodi della popolazione dalla città verso la campagna per ritornare dal lavoro industriale a quello dei campi, non vi ha dubbio che, per quanti sforzi possa fa re l'agricoltura inglese, essa non riuscirà ad alimentare che una metà o poco più dell'attuale popolazione dell'isola. Perciò il nuovo equili~rio, a cui abbiamo accennato, non si potrebbe raggiungere che a due condizioni : o che la massa operaia, in buona parte costituita da operai specializzati, si adattasse ad abbassare, fino ai limiti della miseria più squallida, il proprio tenore di vita, oppure eh' essa riprendesse, in vastissime proporzioni, la via dell'emigrazione. Lo sciopero dei minatori e lo sciopero generale dimostrano chiaramente che la classe operaia non intende seguire nè l'una nè l'altra delle due vie, ma intende fare ogni sforzo per mantenere l'antica situazione. In questa netta manifestazione della sua volontà noi vediamo appunto la grande ibliote a Gino Bianco
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