La Critica politica - anno VI - n. 6 - giugno 1926

246 LA CRITICA POLITICA meno della povertà e numerosa famiglia che degli ottimi costumi e non ordinari talenti e cognizioni ». Così il Salfi per porre in ordine alcuni interessi nell'abbazia, ebbe occasione di tornare in Calabria e durante il viaggio di ritorno tra il 1793 ed il 1794 si fermò a Cosenza ove rivide per l'ultima volta la famiglia. A Rende si recò a salutare un suo caro amico il Vanni, che abbandonati gli studi, attendeva all'economia della famiglia. « Il suo animo - narrava più tardi il Vanni - era allora inquieto ed alquanto agitato, particolarmente quando riceveva la corrispondenza da Napoli, dove infieriva la persecuzione di Giacobini: questa corrispondenza era dei più rinomati napoletani e fra l'altro dell'illustre madama Cassano Serra e della F onseca ». E alle orecchie dell'amico che gli aveva offerto di tenerlo nascosto e sicuro, qualora ne avesse avuto bisogno, risuonavano ancora dopo circa quaranta anni le amare parole di risposta : « Oh, Domenico, e tu non sai cosa vuol dire reità di Stato, odio dei Re : forse tu stesso mi tradiresti: terra di schiavi! ». Il ritorno alla Capitale fu triste, giacchè quivi gli avvenimenti di Francia avevano indotto il governo di Ferdinando a mutar rotta, spingendolo alla persecuzione di quelle idee di libertà dapprima incoraggiate, ma che, ormai, si vedeva chiaramente dove mirassero. Il Salfi, nonostante fosse abate e poeta ben visto a Corte, era iscritto ad una loggia di frammassoni e passò, poi, a far parte, come tutte le persone « illuminate » del tempo, della Società Patriottica Napoletana. Scoperto nel 1795 come uno dei congiurati che avevano stabilito di uccidere i Sovrani e proclamare la repubblica, riuscì a trovar rifugio dapprima presso amici fidati, poi a tenersi nascosto nell'isola di Capri, allora di proprietà del Re ; e di là, più tardi, potè allontanarsi per recarsi a Genova. *** Genova era in quel tempo la città ove convenivano i napoletani scacciati o fuggiti dal Regno : la ragione era che la maggior parte, iscritti ai cluhs, erano in relazione con gli emissari francesi, i quali avevano in quella città un circolo politico donde cercavano di estendere i loro occulti maneggi contro i governi degli altri Stati d'Italia. Il Salfi vi fu perciò accolto a braccia aperte ed ivi ebbe occasione di conoscere il Calcault, ex ambasciatore presso la Corte di Napoli nel 1792. Costui, narra il Nardi, posto dal Comitato di Salute pubblica a fianco del ministro Doroteo Villars, per trasformare l'amicizia della Repubblica di Genova in vassallaggio, desiderava che l'Italia divenisse libera, ma la libertà doveva esser concessa al nostro paese « a poco a poco » e « sotto la a'utorità dell •armata >>. Evidentemente pel giovane patriota, sfuggito miracolosamente alla polizia borbonica, con l'animo pieno dell'illusione che l'Italia avrebbe potuto rivendicarsi la libertà facendo la sua rivoluzione, senza soggiacere alla conquista straniera, le intenzioni del Calcault dovettero produrre un'amara delusione. Tuttavia è a presumere, per il fatto che egli accettò una missione affidatagli dal Calcault per la Francia presso· il ministro degli esteri Lacroix, che egli Biblioteca Gino Bianco

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