La Critica politica - anno VI - n. 6 - giugno 1926

LA BATI AGLIA DEL LIBRO 243 festa. C'è la sagra dei fiori, la sagra delle fragole, dell'uva, dei salamini. Vogliamo' fare la sagra del libro ? potrà essere una buona occasione per dispensare croci agli editori, ma non a moltiplicare i lettori come i pani e i pesci del miracolo evangelico. Se Fernando Palazzi vorrà ripensare alla sua idea con quel mirabile positivismo inglese che è servito a creare un grande impero, darà magari, un dispiacere ali' idealismo filosofico ufficiale, ma avrà risparmiato uno dei tanti superflui memoriali al Governo e avrà combattuto la battaglia del libro con un senso realistico, che consigliadi scegliere i mezzi adatti al fine da raggiungere. ALFREDO DE DoNNO L'ERRORE DEL RIFORMISMO Filippo Turati ha scritto nella sua Critica Sociale, per i glo11aniche nel Quarto Stato stanno facendo il processo al passato, sette colonne di appassionata difesa. Egli esclude, In modo assoluto, che la responsabilità del/' atluale situazione possa In qualche modo esserefatta ricadere su quella politica « riformista > del partito socialista che ebbe in lui il maggiore e migliore esponente. Se un errore 11'è stato in quella politica - ecco la sola ammissione che egli_ è disposto a fare - fu di non essere stata sufficientemente conseguente. G fu errore del partito più che degli uomlnl che quella politica affermarono e impersonarono. V'è, si, dice 'l:urati, una cosa di cul oggi mi rammarico, sinceramente: di non avere avuto la forza di compiere un gesto di audacia. Cioè di non a11ere partecipato al governo. "Poichè in fondo non si trattava d'altro che di partecipare alla formazione di un qualunque Ministero Giolitti, prima o dopo la guerra, forse meglio prima che dopo. Chi sa allora - pensa ~urati - che le cose non sarebbero procedute diversamente ;> Forse le masse stesse - il timore di perdere le quali sopratutto cl trattenne - avrebbero « suffragato del loro favo re un gesto di audacia». L'ipotesi ce la siamo posta anche noi, più volte. Francamente: non c'è riuscito di 11edere cosa di diverso sarebbe a1'1'enutose con {Bissolati, Bonom{, Cabrini ecc. (o in loro vece) fossero andati al Governo Turati, Tre1'es e Modigliani. Questo quanto agli uomini. Quanto po{ alle forze che sarebbero state dietro al ministri, in1'ece del modesto Partito Socialista 'Riformista costituitosi con {Bissolati, avremmo a11utoun Partito Riformista solo alquanto più nu-. meroso. G ciò avrebbe, piuttosto che g{o11ato,nuociuto alt azione politica dei ministri riformisti la quale potè cosl assai avvantagglarsi della presenza alla Camera e nel Paese dell'altro partito socialista. L 'e"ore della politica riformista dei socialisti non è glà consistito nel non aver preso parte ai C,01,ernldelt ante-guerra; è conslsUto bensl - a quel che sembra a nol - nell'avere troppo strettamente legato le sorti del mondo operaio e delle istituzioni sociall del lavoro alle sorti dello Stato pollticamenle mutevoli; nel non àver capito che per a1'ere un proletariato geloso della propria autonomia bisognava preoccuparsi Intanto di dargli istituzioni indipendenti; che nulla, infine si doveva distruggere di quel che nel campo della mutualità, della cooperazione ecc., c•era di vivo e spontaneo per passarlo allo Stato, ma si trattava, se mai, di svilupparlo e fortificarlo. L'errore insomma, fu esclusivamente nel metodo. Il « riformismo » è un metodo. - Biblioteca Gino Bianco

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