La Critica politica - anno VI - n. 6 - giugno 1926

240 LA CRITICA POLITICA è pure bene »• Non vogliamo disilludere subito l'agitatore di così nobile idea, il quale è un chiaro scrittore ed un uomo di grande buona fede, ma crediamo che il modo come egli ha impostato il problema somigli ·troppo alla precettistica astratta sulla quale da anni si tenta invano di costruire una politica del1'igiene sociale. Se vogliamo trovare un esempio controllabile quotidianamente ' gu~rdiamo sui pavimenti delle carrozze tramviare sulle cui pareti interne è scritto : « E vietato sputare». Non intendiamo affatto mancare di rispetto verso un uomo di buona fede, ma è necessario non battere presto le mani ad un gesto retorico. La retorica è la peste dell'arte e della vita italiana. E il guaio è che quando un gesto retorico è compiuto i più sono arcisoddisfatti come se il problema di cui si discorre sia risolto, effettivamente risolto. I riferimenti del Palazzi ripetuti da altri che ànno interloquito nel dibattito, come l'editore Vallecchi, ci autorizzano a pensare che costoro si augurano per la battaglia del libro la stessa soluzione di quelle altre battaglie. C'è in piedi un'inchiesta, sta bene, ma non bisogna affrettarsi a concludere che tutto debba terminare con la presentazione di un memoriale al Primo Ministro. Il costume italiano esige che si presenti, per ogni questione, un memoriale al Governo, il quale, per soli~o, nomina una Commissione. L'inalterata mentalità del nostro retrogrado cittadino non si allontana mai da una concezione paternalista e intervenzionista dello Stato, sia che giuri nel credo socialista, sia che giuri in quello fascista. Noi prima di arrivare allo Stato ci saremmo domandati : Com'è che in Francia, in Germania, in Inghilterra, dove il Governo non fa nulla di specifico per il libro, si legge più che in Italia? La ragione è ovvia : 1. perche c'è una media culturale più diffusa; 2. perchè c'è un maggiore benessere economico. I bisogni crescono con la capacità di soddisfarli. E questo si chiama costume. Va de sè che la media culturale più diffusa è in rapporto diretto con la politica scolastica dello Stato. Che il maggior consumo di libri sia p0i in rapporto con le condizioni economiche di un paese lo prova il fatto che anche in Italia durante il periodo della guerra, mentre ,il tenore della vita popolare era notevolmente aumentato con la grande quantità di danaro circolante, il libro era diventato una specie di bisogno di prima necessità. E non si leggeva soltanto in trincea, si leggeva moltissimo ali' interno, dove tutte le ragazze che guadagnavano lautamente divoravano libri di amena lettura con avidità mai vista. La · popolarità di Guido da Verona è stata consacrata proprio in quel periodo fortunoso della nostra storia. È pertanto ozioso che qualche editore, bene informato del mercato dei prezzi, ci venga a dimostrare che il libro oggi costa meno, in proporzione, degli altri generi d'acquisto ; abbiamo letto in proposito le osservazioni di Antonio Vallardi, che però riguardavano soltanto i libri scolastici. Quando il Governo ne avrà ridotto il numero, con una razionale semplificazione o condensazione dei programmi, il problema del costo dei libri scolastici è risolto. Ma l'industria editoriale non si alimenta soltanto con le pubblicazioni scolastiche, anzi l'idea agi.. tata dal Palazzi si rivolge certamente ad un campo più vasto della scuola. Il Biblioteca Gino Bianco I

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