La Critica politica - anno VI - n. 6 - giugno 1926

236 LA CRITICA POLITICA venteranno redditizi fra molti e molti anni. Questo è il caratteristico di questa seconda fase produttiva. Agendo sotto l'ipotesi dello Stato chiuso, la nostra produzione si è orientata doppiamente : in gene.re, verso la creazione di tutti i prodotti, senza tener ne5sun conto dei loro costi comparati; e, in ispecie, verso la creazione dei beni fondamentali, come le materie prime, le forze motrici prime ecc. ecc., che importano sempre costi assai gravosi. In tutti due i casi è visibile il sacrificio degli interessi presenti agli interessi futur i, è chiara la astensione da consumi attuali (consuntivi veri e propri, ma anche produttivi a scadenza più breve) a cui il paese va incontro. Tale, del resto, è la logica di tutte le economie guidate dalle tendenze delle classi abbienti che possono guardar lontano. Esse, avendo soddisfatto tutti i propri bisogni attuali di benessere, di cultura e anche di lusso, guardano ai bisogni del futuro, sia proprii che della collettività, cui esse appartengono. È una funzione aristocratica, teoricamente inoppugnabile. Essa si presta però a dissipazioni, e a usurpazioni molto grandi. E ciò perchè la sede in cui essa si svolge, l'avvenire, non è nè conosciuto nè controllabile, e, quindi, vi trovano posto facilmente le congetture, la temerità, la speculazione, gli eccessi d'ogni specie. *** Lo sviluppo d'un grande apparato produttivo per l'esportazione, diventato in parte inutile, e poi lo sviluppo d'un grande apparato produttivo a uso interno ma ad uso remoto od eventuale : ecco le due sorgenti prime dell'attuale disagio industriale. Ad esse bisogna aggiungere anche le spese, ingentissime, del movimento di trapasso dall'una ali' altra fase, dall'un sistema alr altro. Una strategia liberista, sia pure di tipo aggressore come quella sperimentata da noi, può avere la sua logica, e ctoè, in tempi apprezzabili, la sua utilità. Può anche averla, · sebbene sia m~lto più costosa, una direttiva economica rigorosamente nazionalistica, che pretenda aprire o chiudere, fino ai limiti del possibile, il circolo economico nei confini del territorio nazional~. Ma il trapasso dall'una ali' altra via è sempre dispendioso e rappresenta quasi sempre una deficienza di visione generale. In questo senso quel che di eccessivo e di imponderato, che si accompagna ali' attuale prevalere politico d'una generazione giovane, ha avuto dei notevoli effetti anche sulla situazione economica. Esso ha dato dello slancio. Certo. Ma ha anche contribuito a quella mancanza di direttive uniformi e preveggenti, che ha caratterizzato il nostro sviluppo produttivo in questi tre anni. E, quindi, anche ai costi, che queste rapide trasformazioni portano con sè. Il problema, che ora si pone davanti, è quello di sapere come si uscirà da questo stato di depressione. Evidentemente vi sarebbe una via fisiologica di guarigione: e cioè che, per una ragione o per l'altra, crescesse il potere di assorbimento dei mercati esteri;- o di quello interno, o di entrambi. Ma ciò è appunto quello che si nega, almeno in uno spazio di tempo seriamente apprezzabile. I mercati esteri tendono a restringersi sempre di più. In ogni caso una sistemazione internazionale dei mercati non può più essere il frutto delle libere conBiblioteca Gino Bianco

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