ORIENTAMENTI CONSERVATORI E DEPRESSIONE INDUSTRIALE 235 sfruttarlo. In altri termini si può dire che la libertà degli scambi veniva concepita prevalent~mente come una tattica aggressiva di esportazione. Così è certa.:. mente merito di questo periodo il non aver ristabilito o riaggravato i dazi sul grano, sullo zucchero ecc. ecc. Ma questo indirizzo, più che dettato da ovvie e generiche considerazioni concernenti il carovita, era subordinato a un corrispettivo e prevalente espansionismo industriale. Il produttivismo a tutti i costi fu la caratteristica di questo periodo, e ad esso conferiva lo stesso liberismo agrario. Questo, da un lato, giovava a non rendere necessario nessun aumento di salarii, mentre, dall'altra parte, una loro effettiva diminuzione si otteneva poi mediante l'azione sulla circolazione. L'inflazionismo monetario, poi creditizio, poi azionario, è stato uno ·degli strumenti con cui la nostra borghesia produttrice, orientata alla cònquista, sviluppò il proprio espansionismo industriale. Una gran parte delle nostre imprese, quelle particolarmente che contavano di portare i propri prodotti oltre le frontiere, ampliarono i propri impianti. Esse aumentarono le proprie dimensioni e i propri impegni fino al limite, indeterminato e supposto lontanissimo, dei grandi mercati forestieri. Questi alla loro volta venivano considerati, e in effetti per qualche tempo lo furono, non ingombrati da nessun' altra visibile concorrenza proveniente dal di fuori. Ciò dette la impressione di essere di fronte a una situazione di monopolio internazionale in grandissimo stile. E da questo napoleonismo mercantile, in parte serio in quanto era fondato sul lavoro, e in parte fittizio in quanto poggiava sul dumping monetario ossia sul sopralavoro, doveva nascere per forza l'elefantiasi industriale. Ma questa posizione di privilegio operante di sorpresa come un raid, venne, come era facilissimo prevedere, rapidamente a cessare. I grandi mercati a moneta buona opposero delle barriere ; nuovi apparati produttivi sorsero in tutti i paesi; il crescente deprezzamento monetario di altri ci evinse dai più ricchi mercati ; il nostro inflazionismo non poteva durare sine die, senza finire coll'affamare il paese ; e tutto ciò costrinse e persuase i nostri ceti industriali a spostare la rotta della produzione. Ma però il loro slancio produttivo esorbitante e conquistatore perdurava; era in ragione diretta del perdurare del regime è del suo particolare indirizzo di spirito; e, da una parte o dall'altra, bisognava che trovasse soddisfazione. Si può così dire questo: che la nostra borghesia, non potendo più trovare sfogo al proprio impeto (che è di natura non del tutto dissimile da quella bellica) al di fuori, lo riversò al di dentro del paese; non potendo più espandersi nello spazio, volle espandersi nel tempo. Sono venuti prevalentemente di qui i grandiosi progetti idroelettrici, di bonifiche, di grandi comunicazioni ecc. ecc. E anche la progettata soluzione celere e simultanea di annose e costose «questioni», come, una per tutte, quella meridionale. Inoltre la impostazione di tutte le «battaglie», da quella del grano, a quella del petrolio ecc. ecc. Tutto ciò è, pezzo per pezzo, incontestabilmente utile, e può rientrare quindi nei quadri di una economia ricca. Ma, riunito insieme e addensato sullo stesso piano, comporta un dispendio notevolissimo di capitali. E, ciò che conta ancora di più, un dispendio di capitali che, se lo diventeranno, diBiblioteca Gin· Bianco
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