La Critica politica - anno VI - n. 4 - aprile 1926

. , 148 LA CRITICA POLITICA * * * Al di là della nozione di categoria operaia e di quella di classe lavoratrice, la democrazia pone l'idea e la pratica del « cittadino», e di qui desume il suo atteggiamento verso i lavoratori. Quando questi agiscono come tali, non hanno, in sostanza, altre armi che quelle attinenti alla loro stessa funzione di lavoro, e, più propriamente, hanno lo sciopero. Ora non è dubbia l'utilità che, in genere, esso presenta ' nei riguardi della categoria, che lo mette in azione. E, invece, dubbia la sua utilità nei riguardi degli altri settori della classe operaia : questi, infatti, possono essere avvantaggiati, e possono anche {ciò che è più frequente) essere danneggiati. L'economia conosce bene queste sorprese, ed essa conosce poi anche quali sono, per l'insieme della classe operaia, le conseguenze d'uno sciopero, non di categoria, ma generale. Questo, o implica un colpo di forza eversore o esula dal campo dell'economia ; o è un semplice sciopero economico generalizzato e allora ogni categoria perde da un lato, come consumatrice, ciò che ha guadagnato, dall'altro, come produttrice. In ogni caso il lavoratore, traverso la politica dello sciopero, matura la coscienza della propria insolidarietà sociale, e, ali' opposto, la democrazia tiene fermo lo sguardo alla visione degli interessi generali. Ma di questi non dà una interpretazione arbitraria come sempre -hanno fatto tutti i regimi dittatorii, paterni o utopistici. Essa non si affida ai freddi calcoli dell'economia intorno alla « soddisfazione massima >> di una società; e neanche alla valutazione che ne fanno delle oligarchie dominanti, che pretendono di guardare lontano. Tutto ciò è di pura marca aristocratica, o scientifica o intuitiva, e la democrazia fa invece appello al criterio tradizionale di ogni regime democratico: la pubblica opinione. Questa, convenientemente agitata e illuminata, agisce come una stanza di compensazione dei diversi punti di vista : la cura degli interessi futuri della società e la tutela di quelli presenti vi si compenetrano ; vi si fondono le ragioni della giustizia con quelle della produzione ; essa funziona come un libero anonimo e imparziale collegio arbitrale. Ma, per comparirvi dinanzi come parte in causa, i lavoratori non abbisognano che della loro qualità di cittadini, che presentano e dibattono pubblicamente i propri interessi. Lo sciopero che, sia o non sia legalitario, è sempre una manifestazione di azione diretta, non è affatto necessario per accedere alla azione mediata, espressa dal giudizio della pubblica opinione. Esso rappresenta, anzi, un fatto negativo, e quasi contraddittorio: come sarebbe contraddittorio un paese che, mentre pende su di esso un arbitrato internazionale già accettato, scoppiasse in atti di guen·a. Biblioteca Gino Bianco

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