La Critica politica - anno VI - n. 2 - febbraio 1926

• ,I 52 LA CRITICA POLITICA = =========================-=-=-=-=-=-=--=--=-=-=-=-===--- --- ------ -- ---- -- · ovuque i privilegiati non risparmieranno mezzi per difendere la loro posizione. Quello che non è probabile è che i rurali, arrivati al potere, abbiano bisogno, per rimanervi e consolidarsi, di ricorrere alla dittatura. P erchè i rurali possano avere· aspirazioni e finalità dittatoriali bisognerebbe che essi non fossero numericamente quello che sono. Sono le minoranze che possono· aspirare alla dittatura o averne bisogno. Le maggioranze - specie quando sono rappresentate da interessi quasi omogenei - della dittatura ne fanno a meno ! La rivoluzione operaia in Russia - in quanto è fatta dagli ope· rai delle città - ha bisogno della dittatura. E tuttavia la dittatura, per avere possibilità di durata, deve venire a patti, e praticamente cedere di fronte alle loro esigenze, coi contadini che pure essa vorrebbe piegare alla sua logica e ai suoi fini di socializzazione. Sono gl'istinti della vecchia anima borghese che in Russia insidiano la· rivoluzione : dicono i socialisti. Se in Russia i rurali costituiscono un pericolo per la piena attuazione del socialismo, a maggior ragione potrebbero costituire nel resto di Europa un ostacolo formidabile al suo divenire. Ma socialismo per la grande maggioranza dei socialisti ha significato esclusivo di collettivismo, di socializzazione e, diciamolo, di statizzazione. I socialisti sono sorpresi di vedere che le leggi di sviluppo del mondo capitalistico non funzionano esattamente secondo i loro assiomi e, per quanto. così segua da molto tempo e con manifestazioni di persistenza, continuano a r~tenere che ciò sia in contrasto col progresso, colla civiltà, col socialismo. Fanno così una cosa sola dei loro pregiudizi ed errori dottrinali e del progresso sociale e politico il quale cammina invece sulle sue gambe. Il senso verso il quale il progresso cammina, e che appare certo, nonostante tutta l'ingegnosità con cui certi dotti socialisti hanno cercato di piegare le statistiche alla dimostrazione del contr~rio (anche la statistica spesse volte è una... opinione !) è quello della proprietà e della indipendenza economica individuale. Nè i poveri tendono a diventare sempre più poveri, nè il numero dei proprietari tende a diminuire. Anzi la generale tendenza negli uomini è a formarsi, a conquistarsi una proprietà. Ciò si verifica per gli stessi operai dell'industria, la quale pure continua ad obbedire, per quanto ci siano ragioni per dubitarne nell'avvenire, ad esigenze di concen-- trazione e di unificazione. Il cooperativismo operaio - benchè osteggiato come un fenomeno piccolo borghese - ha fatto, per esempio, della strada sul terreno della, industria. Le forme di compartecipazione, di azionar:iato si sono poi straordinariamente sviluppate. E si svilupperanno. Non è il socialismo. Non è detto però che la formula « tutti proprietari » sia meno bella e meno socialista dell'altra formula « proprietario nessuno ». Questa tendenza alla proprietà che pure opera nel campo della industria .vi opera Biblioteca Gino Bianco

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