La Critica politica - anno VI - n. 1 - gennaio 1926

I COMUNI 11 -----=-=-=-=-=-=========================== ... ______________ --- Il. - Madre della civiltà d'Europa e maestra di libertà, è la Grecia, ed il governo di essa fu comunale. Mano mano vi si sviluppava coltura e prosperità, vi cresceva la democrazia. Solone accolse negli elettori i nuovi originari, i domiciliati ( demopoieloi), ed ammise nella milizia anche gli operai sen-zacenso, che erano la quarta classe de' cittadini. Poi Clistene portò a 500 i 400 formanti il Senato (Buie) di Solone, a canto del quale era il Consiglio di Stato (Areopago), e divise il territorio di quello Stato, somigliante ad una provincia nostra, ad un Cantone s~izzero, in cento distretti (Demi) aggruppati per culti comuni, come poi le nostre Pievi, e con due Consigli : quello degli anziani ( A gora), ed il generale ( Ecclesia). Aristide indi allargò ancora le basi di quella demo - crazia ammettendo anche quelli della quarta classe (Teti) ad essere eleggibili. ' Parecchi gruppi pel servigio militare, per l'amministrazione, pei tribut·i, pel cultq erano pure nell' interno della città ( Phile, Phratrie), e vi s'aggiungevano consorzii, compagnie (etarie), come le Scole delle città marittime italiane nel medio • evo. Il cittadino vi era maggiorenne a 18 anni, e giurava nella compagnia militare della sua contrada, a 20 anni diventava elettore, solo a 30 eleggibile alle funzioni maggiori (Vedi in Grote, Schoemann, Lerminier). I Latini erano germani dei Greci, e svilupparono lo Stato ed il Comune (che in origine in quello si confondeva) armonicamente. L'aumento d~l benessere addotto allo sviluppo di commerci, di arti, di agricoltura, fece a Roma salire così i domiciliati (assidui), che Servio Tullio, come Solone, attribuì anche ai nuovi originari, secondo il censo, il diritto di cittadini, ed il servigio militare, che pure incominciava a diciotto anni, compivasi a 30, mentre il diritto di suffragio politico ed amministrativo, come nella Grecia si otteneva dopo i venti anni. A Roma, per tempo, il Comune diventò Stato gr~nde, e vi si confusero l'amministrazione e la politica almeno per noi lontani. Sappiamo che nella repubblica, vi si tenevano comitia curiata et .centuriata, politiche riunioni ordinate da magistrati, per età, per gradi militari, per stati sociali, che specialmente per le cose sacre, vi si teneano con minor distinzioni concilia et conciones, e che finalmente vi erano unioni in piedi, non sedute, somiglianti ai nostri Circoli o mee- . ting, dette coetus conventicula, conciliahula, dalle quali male discerniamo i confini e gli scopi (Mommsen, Lange). Le altre città eclissate da Roma, i piccoli - comuni rurali rimoti, non lasciarono stori~ intima, ma quando Roma fu ali' apice di sua potenza, Augusto riordinolli dentro e fuori ristorando forme antiche. Della costituzione comunale romana di Augusto, Svetonio ci lasciò documento prezioso in questo passo : Spatiu urhis in regiones, vicosque divisit; instituitque ut illas annui magistratus sortito tuerentur hos magistri ex plebe cuiusque / vicinae electi. Divise lo spazio della città in regioni e vici, ed instituì che le regioni fossero amministrate da magistrati annuali tratti a sorte, i vici da uffi... ficiali eletti dalla plebe di ciascuna vicinia. Festo poi ci serbò altra memoria notevole dei vicini romani, là ove scrisse: Sed ex vicis partim habent rempuhlicam, et jus dicitur, partim nihil eorum, et tamen ibi nundinae aguntur; Volendo dire che alcuni vici si reggevano come piccole repubbliche con consiglio e giudizio, e che altri eran luoghi senza tale diritto, c~ntrali, dove si conveniva pei Bibliòteca Gino Bianco

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