La Critica politica - anno VI - n. 1 - gennaio 1926

10 LA CRITICA POLITICA - - -- --- - -- .=---=-=-===--=-========== Quarant'anni sono Sismondi scrisse che la scuola migliore dell'uomo di Stato è il Comune, sah,aguardia delle libertà. Egli era penetrato nell' intimo di questo capo saldo dello Stato, nello studio sottile delle repubbliche italiane, e nella lunga pratica dell'amministrazione di Ginevra. Pochi anni dopo il francese T ocqueville, dallo studio assiduo ed amoroso sulla democrazia degli Stati Uniti di America, fu condotto ad asserire che lo spirito comunale è potente elemento di ordine, che rinforzando il Comune si eleva lo Stato e che in quel popolo libero le ambizioni maggiori del massimo numero sono nel Comune. Di tutti i Comuni, il territoriale, quello fondato sul possesso, sul censo, radicato al suolo, quindi ali' agricoltura, è il più saldo e quieto, e compensa colla moralità derivante dalla coltura del suolo, la poca mobilità, il lento progresso. In Italia segnatamente, il Comune, da tempi storici, piglia qualità speciale dal1'agricoltura, quindi è tenacissimo. Se in quest'alma terra la civiltà e la libertà furono costanti più che altrove, si deve alla saldezza, alla persistenza dei suoi Comuni, i quali costrinsero anche gli eserciti nomadi barbarici a pigliare il loro assetto nei feudi, che si composero sulle tradizioni delle colonie militari agricole, e che, sostituendo la terra ai doni mobili militari, trasformarono gli avventurieri in instabili possessori de suolo. Se la Francia avesse avuto solidità d'organismo comunale, non avrebbe patito le terribili convulsioni della rivoluzione del 1789, nè tollererebbe il dispotismo continuo e multiforme del governo di Parigi. Mentre l'Italia, per la saldezza dei suoi ordini comunali, poco si commuove alle rivoluzioni ed anche ai dispotismi, e quasi non s'accorge se rimane senza governo centrale. È quindi materia gravissima per noi, quella della costituzione comunale, e che vuolsi studiare accuratamente, ed anzitutto per riordinare, riassettare questo Stato sconquassato, qualunque sieno i modi governativi. Questo studio è ora urgente più che mai, perchè l'anarchia sembra salita dalle cose ai pensieri. (l ). Gli antenati nostri, alle violenze fiscali e militari dell' impero romano, alle alluvioni barbariche, rifuggirono nel Comune civile, amministrativo, religioso; nel santuario delle Pievi salvarono i penati. Così dobbiamo fare ora noi ; ristorare la patria principiando dalla base, il Comune, ritemprandoci in quello. Procuriamo di assicurare la nave del Comune, di starvi sicuri e confortati, e poi tempesti quanto sa di fuori, che non sommergeremo, e giungeremo in porto. Quanto più forte è il Comune, tanto meno è l'affare dello Stato, tanto più facile è il governo generale; quindi, migliorando il Comune, agevoliamo il viaggio della Nazione. A procedere ordinatamente nello studio nostro, esamineremo pria le forme caratteristiche, gli elementi dei comuni territoriali presso popoli diversi, risalendo anche alle origini, onde scendano naturali le applicazioni, e le lunghe e molteplici esperienze confortino i timidi e guidino gli uomini di buona volontà. Procureremo colla brevità di conciliare maggiore attenzione sull'argomento gravissimo. (I) Questo studio del Rosa è - come abbiamo già avvertito - del 1876, anno in cui fu pubblicato nel volume Feudi e Comuni, dopo essere apparso nel giornale il Sole. Il Rosa si riferisce alle condizioni dello Stato italiano a quell'epoca. N. d. R. Biblioteca Gino Bianco

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