La Critica politica - anno V - n. 8-9 - ago.-set. 1925

·LA PACE · 349 glioso sviluppo. Come attende oggi di fatti questa società a risanare le profonde piaghe che l'affliggono, se non tendendo ogni suo sforzo alla restaurazione delle istituzioni pre belliche, annientate per buona parte e rudemente scosse per il rimanente dalla terribile guerra ? Ma il Nitti economista e finanziere guarda con profonda ammirazione alla società del 1914; non come il buon architetto, che dovrebbe mirare anzitutto alla solidità dell'edificio, ma siccome quello di cui ci narra lo Swift, e ch'egli ricorda, avrebbe guardato alla sua mirabile costruzione, gioiello d'equilibrio tanto perfettamente calcolato in ogni sua misura che un passero, posandovi sopra l'avrebbe fatto rovinare : " Prima della guerra la Europa era una vivente, unità : la ricchezza si sviluppava rapidamente, la produzione e i traffici fiorivano, era dovunque uno sforzo per elevare la coltura popolare. Mai l' Europa ha realizzato tanti progressi come nel secolo decimonono, cioè nel secolo meno guerriero della sua lunga storia - .... La guerra combattuta dal 1914 al 1918 è stata una ignobile guerra e chiunque e in qualsiasi misura ne sia il responsabile, non ha fatto che distruggere ciò che era stata la magnifica opera di uno sforzo secolare verso la conquista della ricchezza e della civiltà». Noi non guardiamo con lo stesso rapimento ad una società che covava i germi di un tale spaventoso conflitto. Questa mentalità del Nitti ci spiega anche com'egli neppure avverta il peso esercitato per tutte le fasi della guerra dal fattore delle nazionalità oppresse, che il moto incontenibile dell' ultimo secolo di storia avviava ineluttabilmente alla libera affermazione della propria indipendenza. Tra quanti non accecati da passioni nazionaliste si fecero a indagare le cause prossime e le prossime responsabilità del conflitto, colse certo più vicino al segno chi le avverti nella fatale necessità in cui l' Impero absburghico si trovava di giocar l' ultima carta per infrenare il lento ma progressivo sfasciamento della sua compagine sotto la pressione cresc~nte delle nazionalità che tendevano a svincolarsi dalle sue catene - ricordiamo il recente libro di A. Ebray, La paix malpropre. Quali " vie che menano alla pace ,, ci indica il Nitti ? : Il ritorno ai principii di libertà e di democrazia. Parole che, ahimè, rimangono parole nel libro suo. Già tutti conoscono qual' è in concreto il rimedio che il Nitti suggerisce contro la possibilità di nuove guerre, e che da qualche anno va nobilmente sostenendo e propagando con· ogni sua forza, e cioè I' unione doganale degli Stati europei. E certo questa una tra le migliori soluzioni che un economista può suggerire pel gravoso problema della pace ; ma bisogna avvertire, per non abbracciar chimere come l'eccellente abate di St. Pierre, che, fin che interessi particolaristici potranno nella società prevalere al vero interesse generale della comunità, progetti siffatti contro la guerra camperanno nell'aria. Quello che si deve avanti tutto cercare è di toglier di mezzo la tirannia di interessi di minoranze in contrasto con l' interesse generale della società, e innoltrando per questa via, che attraversa anche altri campi che non sian quelli dell'economia, noi ci spingiamo assai più in là del Nitti. S'è ben parlato, come il Nitti vuole, d' una sorta d'accordo industriale e doganale tra Francia e Germania, le acerrime nemiche d'oggi. Ma se mai qualcosa di simile venisse ad effetto, si sarebbe davvero mosso un passo verso una pace sincera e duratura? Noi non lo cr~diamo, fin che questi accordi e queste unioni non sian schiette alleanze di popoli, ma proprio di quei gruppi oligarchici che le manterrebbero sulle basi rovinose dei loro interessi momentaneamente concordi, presti a rivolgerle ai danni d'altre nazioni e presti a diBibliotecaGino Bianco

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