348 LA CRITICA POLITICA indifferenti alla società. Ecco che non sarebbero se non le tristi ambizioni e gli interessi di « piccoli gruppi oligarchici » che avrebbero gittato i popoli in questo caos che tuttora ci agita nella sua tenebrosa convulsione senz'accennare a comporsi. Qualcosa di pauroso e di maraviglioso insieme s'accompagna sempre a quell'elemento di potenza che, per essere ispirate ad interessi che trascendono quelli individuali, si contiene nelle grandi manifestazioni collettive della volontà umana. È presente di fatti in esse cosa che non è ponderabile da a~cuna facoltà del nostro intelletto, una volontà oscura predominante gli eventi, che, -per essere incosciente, non appare volontà umana, ma elemento del destino, parte decreto di provvidenza, parte gioco del caso; e ne sembra facilmente essere questo Im'- ponderabile lo spirito ed il signore. Per questo bene spesso accade che lo storico poco acuto e intelligente delle cause. per le quali il Fattore sommo opera gli effetti nel caso delle umane cose, non veda che la tenebra del caos e la morte là dove è la notte che precede la creazione, e non avverta che un'ora di cieco sconvolgimento quando la storia move un passo innanzi ; e creda che piccole cagioni possano condurre mai ai grandi effetti, perchè egli opina che una scintilla sprigionata per volere di pochi e con misurato intento sia la vera causa e la condizione del fuoco che n'è divampato sotto l'infuriar dei venti, senz'avvertire che una scintilla non può farsi vampa da sè e fuoco, chè i venti, soffiandovi sopra, non potrebbero che spegnerla. Per trovare le vie della vera pace occorre certo individuare prima le cause reali della guerra e della caducità della pace seguita .ad essa. Ed il Nitti dedica , a quest'indagine, come dicemmo, i tre quarti del suo libro ; ma egli ci si mostra singolarmente miope dove più occorrerebbe penetrazione e larghezza di vedute. È mai possibile che sia stato unicamente il contrasto di un' infima minoranza a scatenare il flagello? Ma che mai rappresentano, noi ci chiediamo, queste ristrette oligarchie che soffiavano e soffiano tuttora in tutti i paesi nel fuoco della guerra? non sono esse gli esponenti forse di tutta una classe, i condottieri della società capitali~tica minacciata dalla internazionale proletaria? Potevano questi interessi di minoranze aver il potere di gettare il mondo nella guerra, s'essi non avessero avuto profondissime radici nella costituzione della società contemporanea? Ecco che allora le cause del conflitto si fanno, da accidèntali, necessarie. E i germi velenosi della guerra che si son chiamati militarismo e industrialismo germanico, chauvinisme francese, czarismo russo e che so io, da mostruosi fiori esotici si fanno la- flora naturale della società europea al terzo lustro del ventesimo secolo o sia della società borghese (1) in tutta la spietata potenza del suo rigo- (1) Al termine borghesitt pare si voglia apprestare una non men triste sorte di quella toccata in Italia al nome di liberalismo - ed il Monti ne ha dato ultimamente su questa rivista ampio saggio. Esso - avvertiamo - ha per noi una precisa significazione storica e non sociologica ed astrattamente classificatoria, come v'attribuiscono appunto il Monti e molti altri con lui. Società borghese è quella uscita dalla rivoluzione borghese del 1789. È borghese l'economia, il diritto e la morale della nostra società, com'essa si presenta a noi nelle sue istituzioni e nelle sue manifestazioni officiali, che son l'economi_a, il diritto e la morale solennemente battesimate dalla rivoluzione francese. Il proletariato, per quanto in gravi aberrazioni possano cadere i partiti politici che lo rappresentano, non si farà mai borghesia per la contraddtzion che nol consente. Proletariato significa di contro a borghesia una concezione sociale (quella che noi chiamiamo la concezione moderna della democrazia), opposta ad una individualistica. Rappresenta una economia, un diritto e una morale più progredita, come per l'appunto tutto il pensiero post-rivoluzionario è venuto elaborando. BibliotecaGino Bianco
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