La Critica politica - anno V - n. 8-9 - ago.-set. 1925

NOI, IL " MONDO ,, E LA DEMOCRAZIA 301 che per se stessa non ci solletica affatto -, ma gli eredi. E sentiamo, sovra tutto, che al punto in cui sono giunte le cose, nell'applicazione politica che il fascismo ha avuto, di fronte alla logica oramai impeccabile · del regime che non può, anche se il volesse, subire arresti o ritorni, non c'è posto nella lotta che per le idee precise, per i termini netti, per obiettivi ben definiti. Mantenersi nell'equivoco, aggrapparsi alla vacuità dei termini indefiniti, agitare bandiere ideali piuttosto che offrire soluzioni, mantenersi in equilibrio tra i risentimenti di coloro che furono bene sconfitti e le aspirazioni di coloro che debbono ancora conseguire la vittoria : ecc0 la peggiore politica, in ogni caso, anche quando potes~e per un momento determinare un successo a favore di chi l'adopera. Ed · è appunto la politica che noi intendiamo combattere, e che non rinuncieremo a combattere anche quando ci venisse fatto ~i vederla adoperata con purità d' intenzioni. Come nel caso del Mondo. Cosa abbiamo rimproverato alla < Unione Nazionale>? Di non essere la democrazia. Sissignori, di non essere la democrazia, nel senso esatto della parola. Liberalismo forse sì, democrazia no. C'è da adontarsi per questo? No. Meno ancora poi se abbiamo detto che la <Unione> non ha nes&un titolo ad attribuirsi la rappresentanza legittima ed esclusiva della de1nocrazia italiana. Ci siamo noi, intanto, che non apparteniamo alla stessa specie. Poi ci sono tutte le altre democrazie, di stampo pià o meno buono: c'è quella del Duca Di Cesarò, c'è quella dell'On. Bonomi - collare dell'Annunziata ad ogni buon conto - e ci sono poi le altre minori. C'era una volta anche una democrazia cristiana e potrebbe darsi che qualche cosa ancora ne resti. Insomma, che cosa avrebbe preteso il Mondo? Che noi riconoscessimo esplicitamente ali'< Unione Nazionale> il titolo di suprema depositaria del pensiero democratico italiano ; o che, tacendo su questo punto, glie to lasciassimo riconoscere ? Avrebbe preteso l' impossibile, giacchè se un compito abbiamo assunto di fronte a noi stessi e di fronte al pubblico che ci legge, è appunto di badare in politica ai fatti e non alle parole, a ciò che è e non a ciò che si vorrebbe che fosse, separando nettamente la sostanza democratica da tutto ciò che di democratico non porta che il nome e l' etichetta. Siamo esigenti, ecco tutto. E ne abbiamo bene il diritto, di fronte al discredito in cui l'uso troppo largo che se ne è fatto da politicanti di ogni razza e di ogni tendenza ha lasciato cadere la parola democrazia in Italia. La Democrazia ha da essere, insomma democrazia. E s' ha da vedere, bene, distintamente, per premesse chiare, inequivocabili e non per sottintesi. E cioè senza che sia necessario nessuno sforzo (proprio nessuno) per capire che la democrazia c' è, ed è democrazia. Nè si tratta di dubitare delle intenzioni. Le intenzioni saranno ottime e purissime. Facciamo tanto di cappello a Giovanni Amendola ed ai suoi collaboratori migliori. Sono combattenti che meritano tutto il nostro rispetto. Ma il rispetto e la stima per le persone, non possono entrare · Biblioteca Gino Bianco

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