328 LA CRITICA POLITICA triestino apparisce il Martire purissimo che, in giorni foschi, si aggiunge alla coorte sacra dei lontani impiccati di Belfiore e precede i pur lontani martiri ultimi dell'irredentismo, Battisti, Filzi, Sauro. « Il martirio non è sterile mai: scrisse Giuseppe Mazzini nei < Ricordi dei Fratelli Bandiera». Il martirio per una Idea è la più alta formula che l'Io umano possa raggiungere a esprimere la propria missione». Ma il martirio di Oberdan, che per anni ed anni non potè esser cele1 brato in Italia se non occultamente, rappresentò, nel momento grigio dell'eroico sacrificio, piuttosto una disperata protesta, il mazziniano coronamento di una giovinezza mazzinianamente austera, che non il germe di una speranza destinata a fruttificare prossimamente. L' Italia era appena impegnata, ed impigliata, nell'~ulico groviglio della Triplice, e Pasquale Stanislao Mancini, che pure era stato il teorico del principio di nazionalità, Ministro degli Esteri del Regno d'Italia, non si vergognava di lasciarsi suggerire dall'ambasciatore d'Austria perfino un passo del discorso della Corona. Non si possono leggere senza fremere le pagine, volutamente pacate, nelle quali il Salata racconta e, come al solito, rigorosamente comprova le continue, striscianti compiacenze del Governo di Depretis verso l' Impero alleato. Unica eccezione, fra i Ministri di allora, il Guardasigilli Giuseppe Zanardelli, contro il quale dai suoi medesimi colleghi si ordivano miserevoli intrighi, non tutti taciuti allo stesso ambasciatore austriaco. Di fronte a cotesti maneggi della politica ufficiale si aderge tutta luminosa la figura popolana di Guglielmo Oberdan, che offre in olocausto i suoi ventiquattr'anni per dire a Francesco Giuseppe ed ai pavidi Ministri italiani l'italianità di Trieste. La sua breve storia è una storia di studio e di passione patriottica. Accanto alla sua bella testa romantica non si profila con deciso rilievo nemmeno un volto muliebre. Se non uno, non più giovane, spaventosamente triste: quello della sua povera madre. Disertore dall'esercito austriaco, per non co_mbattere in Bosnia un popolo anelante a libertà, Oberdan viene a Roma, e ivi partecipa subito della vita dell'emigrazione che si accentrava intorno all'avvocato Aurelio Salmona, impiegato al Senato del Regno. Il giovane triestino alternava gli studii d' ingegneria con· le lezioni private e altri lavori che lo aiutassero a vivere ; ma la sua grande passione era l' irredentismo. Quasi a consacrazione del suo prossimo destino il giovane Oberdan, il 31 luglio 1879, aveva in fronte un bacio di Garibaldi, il quale, abbracciando il triestino che si era inchinato a baciargli la mano, gli disse : < per te e per i tuoi compagni!>. Ed alle onoranze funebri per Garibaldi, celebrate in Roma, Oberdan portò la bandiera dell'emigrazione triestina. e, giunto sotto Palazzo Ghigi, sede dell'Ambasciata austriaca presso il Quirinale, l'agitò ripetutamentt; in atto di sfida. L'ardimentoso, che compiva quel gesto, meno di sei mesi apppresso penzolava dalla forca nella sua Trieste. Biblioteca Gino· Bianco
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