La Critica politica - anno V - n. 6-7 - giu.-lug. 1925

NOTE SULLA RIVOLUZIONERUSSA 279 proprii casi dimodochè i comunisti diminuiti gli assilli della difesa potessero dedicarsi più liberamente alle questioni nazionali. Questioni che già si presentavano formidabili e richiedevano attenzione continua. Dopo il fallimento misero del tentativo del comunismo il problema russo apparve agli occhi di Lenin nella sua vera portata; nell'enorme squilibrio fra campagna e città, fra agricoltura ed industria. In Russia esistono 100 milioni di contadini e 10 milioni di operai. Queste cifre sono per se stesse indice eloquente del dissidio di interessi e perciò di forme politiche fra popolazione agricola e popolazione industriale. Come fare quindi a risolverlo? Di fronte a tale contrasto Lenin rivela le sue forti qualità di statista. Egli non affronta la quistione radicalmente a conoscenza della situazione. Poichè erano gli operai quelli che avevano fatto la rivoluzione e che tenevano in piedi il partito e poichè non si poteva fare a meno di considerare i contadini, egli non si attacca alle soluzioni avveniriste. Non opta per un termine o per l'opposto della antitesi. Cerca l'equilibrio temporaneo e la conciliazione affinchè la situazione maturi e si svolga poi, senza compromettere la stabilità dello stato e far piombare il paese nell'anarchia. La nuova politica economica · (Nep) è il risultato pratico di tale ordine di considerazioni. Con essa si rese possibile la compravendita dei prodotti agricoli e dei prodotti industriali direttamente fra produttori, mentre ciò prima era riserbato allo Stato, monopolizzatore del commercio, e una forma embrionale di libero scambio necessario alla formazione di classi politiche e al ripristino dell'equilibrio naturale. I problemi industriali ~i fatti si impostarono in questa maniera: con- 'cili,are le esigenze degli operai e le altre dei contadini. Conciliare la quistione d~i salart e quella dei costi delle merci. VI. Ora però tale conciliazione frutto di diplomazia e delle concessioni già prospettate non poteva restare permanente. Essa rappresentava una soluzione transitoria., oltremodo difficile ed oltremodo necessaria per non andare sugli scogli. Si doveva quindi giungere presto o tardi ad un rincrudirsi del conflitto. La recente polemica di Troschi rappresenta difatti la esplosione di uno stato d'animo che non poteva rimanere ancora compresso a lungo. Morto Lenin, i suoi successori, tutta gente mediocre attaccata alla lettera ai dogmi marxisti proseguirono e pare proseguiscano in una tattica che può dirsi leninista solo se si tien conto della superficie. La rigidezza del partito cosl urgente e necessaria nei tempi di lotta e di crisi e l'equilibrio temporaneo che sopra si è illustrato hanno trovato in costoro dei paladini ad oltranza convinti della definitività di tali soluzioni in quanto ignari che la vit~ si svolge perennemente e non consente assetti fissi. Perciò Troschi coglie nel segno quando sostien~ la democratizzazione interna del partito al fine di svolgimenti singolari e di fecondi dibattiti e quando dice che l'invadenza dei contadini è ormai fatto evidente che abbisogna di un arresto con I' industrializzazione agraria. Ma nell'affermare ciò egli si dimostra viziato dal suo temperamento di occidentalista e di marxista in modo tale da non poBiblioteca Gino Bianco

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