268 LA CRITICA POLITICA L'unione con le democrazie occidentali doveva rimaner salda anche dopo l'eventuale vittoria sul nemico; e dei Stati nazionali indipendenti, soddisfatti dei loro equi confini dovevano sostituire gli imperi unifi~ati militarmente. S'imponeva il grandioso problema de1la Finis Austriae che Salvemini affrontava già in un articolo pubblicato il 12 marzo 1915. Per vincere e < liquidare> la Monarchia Austro-Ungarica era indispensabile la cooperazione di tutte le nazionalilà oppresse dalla egemonia tedesco-magiara. Quindi l'alleanza dell'Italia con i popoli slavi che già da decenni lottavano per la loro emancipazione e aspiravano ( come i Polacchi e sopratutto gli Slavi del sud) a costituire la loro unità nell'indipendenza. Fin da allora appariva evidente, a chi avesse occhi per vedere, che il probJema dell'Adriatico n_on poteva -essere risolto altrimenti che con un patto italo-serbo su per giù dello stesso tenore di quello firmato a Roma da Pasic e Mussolini. ... con un ritardo ,di quasi dieci anni. Ma pur troppo questa visione non solo del presente ma dell'imminente futuro era troppo ardita, troppo contraria a preconcetti antichi ed illusioni recenti perchè potesse venire adottata da coloro che governavano l'Italia nel 1915. < L'ingegno in politica non meno che in tutte le altre attività teoriche e pratiche è formato solamente in parte dal senso delle realtà conosciute e in proporzioni assai notevoli anche dall'immaginazione delle realtà latenti e probabili: Richelieu, Cavour, Bismarck erano uomini di grande immagi nazione. < L'on. Orlando aveva molte lagrime e poca immaginazione; dopo Caporetto parve accettare la politica di nazionalità a base di singhiozzi: ma più. singhiozzava meno ci credeva .... Ancora il 3 ottobre 1918, mentre gli si parlava dello smembramento dell'Austria Ungheria spalancava gli occhi, meravigliato che si potesse pensare sul serio a sciocchezze di questo genere ". Lord Beaconsfield era stato un grande assertore dell'eternità dell'Austria. Aveva fatto suo l'aforismo di Talleyrand: se l'Austria non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Sonnino rimase sempre fedele a questa idea del suo modello e precursore. " L'interventismo sonniniano sarebbe stato logico e coerente - di una logica, e di una coerenza ferrea, implacabile se si fosse realizzata la aspettazione di una pace rapidamente imposta da l'Italia, fresca di forze ad un Austria vinta ma .... non troppo e ad una Germania rimasta in piedi a discutere da pari a pari con le potenze vittoriose. Mancato quel successo fulmineo e sapientemente limitato il programma sonniniano e nazionalista veniva ad essere destituito di senso comune »· Eppure da questo programma < privo di senso comune > Sidney Sonnino non si è lasciato smuovere nè da Bissolati nè da Cadorna, nè dagli uomini politici delle potenze alleate. Non mutò di una linea il suo atteggiamento nè dopo la rivoluzione russa e l'intervento americano, nè dopo Caporetto e neppure dopo Vittorio Veneto. Nè si dica che il suo punto di vista esprimeva l' intransigenza del conservatorismo sociale e delP <imperialismo> di fronte alle pericolose tendenze della democrazia. Il marchese di San Giuliano, che certo non era meno imperialista nè meno devoto alla tradizione della Triplice di quel che lo fosse Sonnino, aveva fin dall'autunno del 1914 preso in seria considerazione proprio le direttive che l'uomo del patto di Londra doveva così tenacemente avversare. Biblioteca Gino Bianco
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