La Critica politica - anno V - n. 6-7 - giu.-lug. 1925

DAL PROTOCOLLO AL PATTO DI GINEVRA 249 Quanto ai diritti di nazionalità di cui il Trattato di Versailles troppo spesso si è dimtnticato là dove appunto si proponeva di affermarli, come ad esempio per la Polonia e per la Cecoslovacchia per citare gli Stati nella creazione dei quali meno vennero rispettati, uno studio del prof. Arnold J. Toynbee, uno dei migliori storici e pensatori politici inglesi viventi, sul problema del diritto d'autodecisione e pubblicato nell'ultimo numero della Quarterly Review, mostra con metodo comparativo ineccepibile che il diritto (ossia ciò che vien riconosciuto come tale, a fatto compiuto, dall'opinione pubblica mondiale e dai posteri) d'un popolo o d'una minoranza nazionale a staccarsi da una data_compagine statale cui si trova unito, è in ragione inversa della liberalità, della giustizia, dell'efficienza del Governo di questo Stato e della perdita di prestigio di questo in conseguenza di tal distacco ; e, viceversa il diritto d'uno Stato a mantenere la sua sovranità su una data minoranza nazionale è in ragione inversa della ingiustizia, del 1nalgoverno, dell' intransigenza, della repressione con cui tratta il popolo che aspira ad autonomia. Più un popolo è trattato bene, meno probabile è che esso desideri , staccarsi e il Governo dallo Stato di cui è parte ha diritto a che anche le sue esigenze di sicurezza siano prese in dovuta considerazione ; e più un governo tratta male una parte de' suoi diritti e meno diritto ha a lagnarsi del malcontento di questi e della simpatia del inondo per la loro causa. Una analisi storica rigorosa del problema mostra che la base della grandezza e della potenza dello Stato, il suò titolo di sovranità, in ultima analisi non è il principio di nazionalità, ma il principio di libertà e di giustizia. Il diritto d'una nazionalità a vivere secondo i suoi gusti è solo una conseguenza del diritto d'ogni indivividuo a sviluppare armonicamente la sua personalità e non può quindi servire di giustificazione alla oppressione di altre nazionalità. In ultima analisi la fu_nzione suprema dello Stato è l'amministrazione della giustizia; è il garantire che a ciascuno sia dato tutto ciò che gli spetta in materia di sicurezza per-, sonale, di libertà di movimenti, di sviluppo fisico, intellettuale e morale e gli Stati fioriscono e decadono nella tnisura in cui rispettivamente riescono o falliscono nel compimento di questa funzione. L'applicazione del principio arbitrale ai rapporti internazionali, incluse le questioni di frontiera segna l'inizio d'una nuova epoca storica in quanto rende la coscienza pubblica del mondo giudice del grado in cui ogni Stato compie la funzione di amministratore e custode del diritto e indirettamente pre- . para la sopravvivenza solo degli Stati, puramente nazionali o plurinazionali che siano, che rispettano egualmente tutte le culture e riconoscono a tutte le nazionalità parità di diritti. La soluzione della questione del diritto della maggioranza degli abitanti delle isole Àlands nel Baltico a far parte della Svezia piuttosto che della Finlandia, è un esempio di questa procedura cui auguriamo l'avvenire: la commissione nominata dalla Biblioteca Gino Bianco

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