... IL PROBLEMA DEGLI ENTI LOCALI 219 e da Commissari prefettizi, produce viva impressione, perchè lumeggia, con straordinaria efficacia, lo stato di disagio in cui versano moltissimi comuni e rende manifesta la gravità del problema. « La più gran parte dichiara di essere imbarazzata a predisporre il bilancio per il 1925, alcuni affermano la impossibilità di compilarlo in pareggio: tutti mettono in rilievo la coincidenza delle riduzioni di entrate con l'aumento obbligatorio degli oneri, imposto da recenti disposizioni legislative, mentre i comuni si attendevano uno sgravio delle spese per servizi di carattere statale. In generale si afferma, e spesso si dimostra, che le fonti tributarie nuovamente concesse - talune delle quali appaiono di difficile applicazione - non produrranno un gettito atto a compensare quello dei cespiti che vengono aboliti, mentre si pongono in luce le deficienze dei servizi pubblici e la necessità di un loro migliore funzionamento. « Alcuni Comuni rurali, che non hanno raggiunto il limite legale della sovrimposta fondiaria o lo hanno di pochissimo superato e che, ali' infuori di questo cespite, non vedono altra notevole risorsa, si lagnano di esser rimasti stabilizzati sulla cifra del 1922 e di aver invano chiesto l'autorizzazione ad eccedere, il che, mentre rappresenta una disparità di trattamento in confronto di altri finitimi, che hanno largamente sorpassato il limite legale, li ha costretti a provvedere talvolta con mutui o con altri espedienti di carattere non continuativo ; molti altri affermano, invece, che il maggior loro provento viene dall'imposta di famiglia e sul valore locativo e non ritengono di poter contare, a compenso, su un sufficiente gettito dell'addizionale alla complementare (restando esclusa per i piccoli Comuni la opportunità dell'applicazione dell' imposta sul reddito consumato) sulla quale nessuna previsione può farsi per mancanza di dati attendibiìi. « Alcuni, anche di media itnportanza e capiluoghi di provincia, dichiarano di aver un bilancio ristrettissimo e affermano che la riduzione delle spese ha raggiunto limiti oltre i quali verrebbe meno la funzione del Comune. « l'aluno, infine, accenna anche agli inconvenienti derivanti dal sistema di generalizzare per tutti gli Enti i nuovi provvedimenti, attese le grandi differenze che esistono fra i Comuni rurali e i centri urbani od industriali, e chiede che il sistema tributario locale abbia elasticità sufficiente per potersi adattare ai bisogni dei vari tipi di comuni » (1). . Questa la situazione, sinteticamente esposta. Lo Stato ha, intanto, mano libera per provvedere a colmare il deficit del suo bilancio, imponendo ai cittadini nurvi oneri, sotto forma di tasse ed imposte nuove ed inasprendo le antiche, e può farlo fino agli estremi litniti del possibile. I comuni no, hanno le inani legate, non possono in nuovi tributi crearsi cespiti nuovi e maggiori di entrata. Cosi, durante e dopo la guerra, la progressione delle spese sulle entrate dei Cqmuni fu prodigiosa, con un aumento percentuale superiore a quello stesso dello Stato. Lo squilibrio tra spese ed entrate non solo fu costante, ma progressivo. Come porvi rimedio se da anni nessuna economia è possibile sulle spese ordinarie - quelle straordinarie non si fanno quasi più - senza abbandonare i servizi e lasciar deperire opere pubbliche importanti per difetto di manutenzione e di riparazione? Provvedere a sistemare le finanze dello Stato sta bene; ma la sistemazione delle finanze dei Comuni non è forse cosa altrettanto importante ed urgente? Ci si può preoccupare dello Stato senza preoccuparsi del Comune, (1) Dott. Uoo CORTI: Il problema della finanza locale. Relazione al Convegno dei Comuni Capiluogo di provincia e di circondario, novembre 1924, pag. 34 e 35. Biblioteca Gino Bianco
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