La Critica politica - anno V - n. 4 - aprile 1925

174 LA CRITICA POLITICA granti e la cui importanza sta nel fatto che agita il problema della rev1s1one della politica americana verso la nostra emigrazione, davanti al pubblico americano. E il presentatore del libro, Nicholas Murray Butler, dell' Università Columbia della città di New Jork, dopo averlo elogiato, afferma appunto essere ormai tempo per il popolo degli Stati Uniti « di insistere che il loro governo voglia adottare una razionale politica di immigrazione», giacchè come anche lo Stella rileva il problema della immigrazione è uno dei più grossi per gli . Stati Uniti tanto da potersi affermare che « il futuro destino di essi nella sempre crescente sfera d' influenza fra le nazioni del mondo dipende in larga misura dal modo come sarà risolto oggi il problema dell'immigrante, il futuro americano». Le cause che hanno determinato l'atteggiamento degli Stati Uniti nella politica dell'emigrazione, sono di vario genere, economiche e politico-sociali: da una parte cioè vi è stato un motivo di protezionismo operaio, vale a dire la pressione fatta dagli operai i quali vedono nella libertà di immigrazione una ragione di diminuzione dei loro salari; dall'altra, e specialmente dopo la guerra, sono viste con disfavore le nazionalità che non si lasciano facilmente assimilare e ciò spiega, ad esempio, il divieto assoluto della immigrazione giapponese che gli Stati Uniti hanno mantenuto nonostante la grave ripercussione avutasi nel Giappone. Ora checchè sia della bontà e giustezza in sè di tali motivi, quel che non è punto giusto è che la nostra emigrazione debba esser trattata con meno favore di quella inglese, francese, tedesca etc., ed il libro dello Stella non manca di darne una chiara e calorosa dimostrazione. Si tratta non soltanto per noi di una grossa questione d' indole economica, ma anche e sopratutto di una questione di dignità nazionale. Come lo Stella dimostra, appoggiando la sua dimostrazione con dati statistici e con osservazioni personali altrettanto acute quanto giuste, le accuse alla nostra emigrazione, che le hanno provocalo un così ingiusto trattamento da parte del Governo Americano, sono niente altro che vieti pregiudizi : egli le ribatte ad una ad una, e finisce concludendo : « L'emigrazione italiana negli Stati Uniti apporta all'organismo nazionale di questi un elemento industrioso, operoso e colto che, quando assorbito, è in grado di raggiungere le aspirazioni nazionali sia fisiche che spirituali ed intellettuati ». Cosi ad esempio egli sfata le accuse di analfabetismo e di criminalità tanto leggermente gettate in viso ai nostri emigranti. Infatti quanto alla prima lo Stella dimostra che il livello intellettuale delle classi più umili degli immigrati italiani ha raggiunto in America quello degli altri popoli europei, e ad ogni modo proprio in quelle provincie italiane che come Benevento, Potenza e la Calabria, danno una più forte percentuale di analfabetismo, si recluta la più paziente ed industriosa popolazione di immigrati. E quanto all'accusa di facilità al delitto, giustamente rileva il nostro autore che non è vero che dall' Italia siano stati eliminati mediante l'emigrazione gli elementi più facinorosi giacchè il passaporto non è concesso a chi abbia carichi penali in corso, e in ogni modo la fedina penale che accompagna l'emigrante permette di esaminare quale sia il suo passato in rapporto alla legge penale. Ma quel che più importa è che, come si rileva dalla relativa statistica ufficiale riportata dallo Stella, « la criminalità dello straniero nato in Italia e residente negli Stati Uniti è minore di quella della maggior parte delle altre razze e soltanto leggermente superiore a quella della popolazione bianca nativa di America». Quel che ha accreditato la leggenda della maggior criminalità degli italiani è il fatto che essi trascendono più facilmente, BibliotecaGino Bianco

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