La Critica politica - anno V - n. 4 - aprile 1925

' 172 LA CRITICA POLITICA Come poò la parte avanzata rappresentare attraverso lo Stato quella arretrata? È chiaro che non si può rispondere. Conclusione. Se il leninismo fu la sola forma possibile in Russia di marxismo, il simbolo di una maturità rispetto alla situazione in cui agiva, esso in Italia rappresenta uno stadio primordiale di immaturità. E le ragioni appaiono evidenti pensando alle condizioni del popolo russo e a quelle nostre. Lenin che predica " tutto il potere ai Soviet" riesce perchè trovando collettività di una desolante immaturità dona loro un mito capace di trarle all'azione. Il comuni~mo che, in Italia, batte negli stessi chiodi rimane massa solitaria che trova eco solo nel fondo delle classi proletarie e nel timore di una piccola borghesia fatta di vigliaccucci e di ipocriti. CARMELO PUGLIONISI NESSUNA CONCESSIONE ALLA RETTORICA I Un comizio : sette oratori. Troppi per un comizio di opposizione ! Troppi per dire sullo stesso argomento le stessissime cose. Si trattava della libertà di stampa e le differenze potevano, se mai, essere nel timbro della voce, nella forma e (lei gesto. Ma pure se altro fosse stato l'argomento e tale da consentire diversità di opinioni e di svolgimento, sette oratori sarebbero stati sempre troppi. L'opposizione deve essere una cosa seria. Nella vita pubblica la sua è una funzione educativa degli spiriti, della volontà e del costume. Potrà esercitarla ad un patto solo : di bandire risolutamente dal suo seno tutti gli esibizionismi, degli uomini come dei partiU. Nessuna concessione alle vanità personali e alla rettorica, alla rettorica in ' special modo che, del resto, è quasi sempre in funzione delle prime! E la rettorica che politicamente ha rovinato l'Italia. Se ne faceva già molta prima della guerra; dopo la guerra non s' è fatto altro. E sono diventati astrusi i problemi più semplici e il pubblico s'è lasciato conquistare dai gesti, dalle parole sonore, dalla coreografia. 1utti i partiti hanno usato degli stessi mezzi, si sono inebriati della stessa droga e l'hanno prodigata al popolo; tutti hanno allo stesso modo peccato. Oggi si.... ricomincia. Ebbene, noi diciamo che anche· in ciò bisogna procedere in modo tutto diverso di prima. Si chiami il popolo (alle grandi come alle ristrette adunate, ovunque è possibile e preferibilmente alle ristrette) non già a partecipare alla fiera delle parole, ma a sentire le cose e cioè questioni chiaramente e sobriamente esposte, e a discuterle anche. Un oratore basta quasi sempre, due sono qualche volta di troppo. Se gli oratori in vena di parlare sono sette (sempre che siano in grado di parlare con serietà e con competenza di qualche cosa, altrimenti è meglio che tacciano) li si impieghino in sette luoghi diversi. Se ne trarrà un maggiore profitto. E si lasci che il pubblico interloquisca, che chi vuole possa al termine del discorso fare all'oratore domande, chiedere spiegazion;. Non il solito contradditorio - come s'è abituati in Italia a vedere - in cui chi vuole fa un altro discorso a cui deve regolarmente seguire quello dell'oratore ufficiale, e così di seguito fino q. fare della discussione una cosa interminabile, stucchevole, inconcludente, in cui tra l'altro gli opposti oratori non.~.. s' incontrano mai. La facoltà, invece, in chi ascolta di avere chiariti e dimostrati i punti in cui l'oratore g·li fosse riuscito o poco _chiaro o incompleto. Insomma : un altro gener? di oratoria ed una ·diversa funzione - educativa, che ora educativa non è - delle pubbliche riunioni. Quello che abbiamo detto rientra, anch'esso, nel metodo delle opposizioni. Biblioteca Gino Bianco

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