UN REGIONALE Com andini .. L'annuncio della sua morte m'ha fatto un gran gelo al cuore. E anche una parte della mia vita che passa con lui, irrimediabilmente. Come con altri. Ma con lui 1ni è sembrato ·di sentirlo meglio. Forse perchè è l' ultimo dei nostri morti. E forse anche perchè erano molti i ricordi che a lui mi legavano, e i migliori. Oli fui accanto a Cesena prima, poi a Roma nel periodo più intenso della sua attività. Fui anzi io, con Giovanni Conti, a preparare nel partito quel movimento che doveva portarlo alla direzione del quotidiano La Ragione. Egli non se lo aspettava. Ma poichè il giornale moriva, e gli si disse che si trattava di salvarlo e che solo lui lo poteva, non esitò un momento a improvvisarsi gior_, nalista e a tentare l' impossibile tra~formando La Ragione in un grande giornale moderno. Se lo avessero lasciato fare vi sarebbe riuscito. Invece, ai primi indiscutibili risultati, i salvatori piovvero da tutte le parti e il giornale morl, dopo altri tre anni di vita. Nell'ultimo anno, Comandini non c'era già più. In quei due anni fu un direttore modello, come fu magnifico animatore del1' Unione Magistrale, attivo combattente alla Camera e solertissimo amministratore a Cesena. Non so come riuscisse ad essere tutte queste cose insieme, ma è un fatto che vi riusciva. Al giornale le sue frequenti assenze non erano quasi avvertite, tanto esse erano rapide e cosi abbondantemente compensate dal materiale e dalle istruztoni che c'inviava sempre, magari in due o tre buste diverse, dovunque si trqvasse. Spesso assisteva all'impaginazione e la faceva lui stesso. Il giornale, insomma, lo viveva; come noi, più di noi. Pronto nell' intuire e nel trovare il lato concreto delle questioni, sciolto nello scrivere, chiaro nella esposizione: c'era in lui la vera stoffa del giornalista. E c'era, allora, la passione. Perchè .- e questa era la sua vera e grande virtù - quando si metteva a fare una cosa ci si metteva sul serio, con impeto, con continuità. Rapido a decidere, alla sua opera si affezionava poi in modo da restarne prigioniero. L'ambiente, le persone che lo circondavano esercitavano su lui una innegabile influenza. E bisogna tenerne calcolo per giudicare di certi suoi atteggiamenti che al partito repubblicano dispiacquero e che lo posero anche in urto con esso. Egli fece, ad ogni modo, con schiettezza, con convinzione di servire il suo paese e le sue idee, ciò che altri molti fecero solo per calcolo e per vanità. Ministro del re durante la guerra, tenne poi a rientrare nelle file del partito e gli dispiaceva assai che si potesse dubitare della schiettezza della sua fede. Nè - ed egli lo sapeva - ne dubitai mai io che pur, per debito di coscienza e per dovere di partito, dovetti combatterne la nomina a Ministro e separare da lui ,la nostra responsabilità (tra l'altro) in una politica di guerra che non ci sembrava, e non fu, conforme al nostro programma interventista, e che successivamente alla guerra, nell'indirizzo dell'azione repubblicana e sulla va- . iblioteca Gino Bianco
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