• LA CRISI DELLA GIUSTIZIA 119 sione dell'avvocato si sublima e diviene eroica missione. Non vogliam-0 con ciò dire che non ci siano più, ora, avvocati consapevoli del fine • altam·ente sociale ed umano del loro ufficio, ma riteniamo che il numero eccessivo di essi, i metodi di esercizio della professione non sempre corretti ed a tut~o danno dei migliori, abbiano abbassato il prestigio dell'avvocatura, tanto ciò è vero che la riforma della legge professionale è diventata una imperiosa necessità. Quella indipendenza che rivendicavamo più innanzi alla magistratura deve essere assicurata anchè agli avvocati, giacchè essa è connaturata alla professione stessa,_ il cui scopo è quello di concorrere all'attuazione della giustizia, e non può subire perciò-limitazioni e restrizioni di qualsiasi natura appunto perchè l'unico suo limite è la giustizia. Il Cancelliere d' Aguesseau diceva dell'ordine degli avvocati che esso è un ordine cos) antico come la magistratura, cosl nobile come la virtù, cosl necessario come la giustizia : perciò l' indipendenza che nessuno, almeno in teoria, contesta alla magistratura deve essere ritenuta una delle qualità essenziali della professione dell'avvocato. Nè varrebbe osservare in contrario che gli avvocati, per ragione stessa del loro ufficio, son costretti a sostenere le tesi più favorevoli ai loro difesi e quindi manchino di convinzioni fenrie e decise. Disse· bellamente V. E. Orlando - nel discorso inaugurale del Congresso Nazionale Forense · del 1914 - che < sostenere le tesi opposte non vuol già dire che almeno uno dei due abbia mancato di convinzione e di fede. Invece è qui per l'appunto la più alta virtù di sacrificio dell'avvocato il quale, mutandosi le ragioni del difeso, cede alla suggestione poderosa di crederle vere e fa suo lo stato di passione dell'interessato >. * * * Di questa crisi profonda che travaglia le due categorie di coloro che concorrono all'~ttuazione concreta della giustizia, magistrati e avvocati, tutti ormai avvertono la gravità, giacchè esiste la sensazione diffusa che la giustizia sia un nome vano. La lunghezza e la costosità dei giudizi civili, gli intralci che a quelli penali provengono assai spesso da ostacoli d' indole politica, la frequenza delle amnistie e delle grazie, I' imperfezione di alcuni organi tecnici come le giurie, la sfiducia nella magistratura e nella avvocatura, costituiscono altrettante cause di quello stato d'animo, nel gran pubblico, che lo porta a delle affermazioni di scarso ossequio verso la giustizia. Ora ci sembra che niente sia più pericoloso del formarsi di uno stato d'animo simile, giacchè è evidente che quando un popolo perde la fiducia nella giustizia, è tratto inconsapevolmente ad una mentalità rivoluzionaria : a ristabilire, cioè, quel che sembra la giustizia, med~ante il sovvertimento dell'attuale ordine di cose, ed in ogn modo a farsi giustizia con le proprie mani. Nei popoli abituati come quello inglese all'esercizio delle libertà politiche, si è potuto giungere- a ibliote.ca Gino Bianco
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