DEMOCRAZIAMODERNA 73 strare il contrario. Il partito socialista · unitario, ·ha, come dirigenti, intellettuali, ed organizzatori provenienti dal vecchio riformismo, con mentalità: settentrionale, rappresentanti di interessi settentrionali. Costituiva nel partito socialista dell'anteguerra il gruppo contro cui insorse Salvemini, il gruppo sordo ed ostile ad ogni voce che provenisse dal Mezzogiorno, fautore <i~l. programma minimo e fiducioso nell'attività sociale dello St~to. Si sarebbe, attraverso i mandarini della Confederazione del lavoro, arreso al fascismo continuatore dell'opera corruttrice giolittiana, se per una singolare contraddizione non avesse avuto fra le sue fila Giacomo Matteotti. Proveniva dalla terra, dalle masse rurali del Polesine. Aveva sentito l'influenza di Salvemini, era un liberista convinto, ed avrebbe avuto la forza di guidare un movimento di contadini con tattica federalista. Senza scrupoli nella lotta, intento a ricercare i punti deboli dell'avversario per poterlo · colpire con ·sicurezza, egli aveva dato un tono d'energia al nuovo partito sotto da Livorno, , ne aveva fatta una sua personale opera d'arte. Si differenziava nettamente da tutti i suoi compagni, che avevano sino allora saputo contrapporre ~solo il vaniloquio delle riforme e dell'interventismo statale, al roboante verbalismo dei rivoluzionari. Egli era l'unico temibile; e fu perciò ucciso. Dal punto di vista dell'interesse fascista, bene ucciso. Ma scomparso Giacomo Matteotti, scompare anche la sua creazione fantastica. Restano le vecchit. mentalità, ,i vecchi pregiudizi, il giolittismo turatiano, il colorito sentimentale massonico che investe tutto il gruppo. Nessuno di costoro può intendere il problema meridionale. Ho conversato diverse volte con Bruno Buozzi, ed ho trovato un uomo intelligente, competente nel suo mestiere, legato completamente agli interessi dei metallurgici, siano essi operai od industriali, protezionista convinto, abile maneggiatore di sofismi economici. Ricordo un discorso sul bilancio dei lavori pubblici, nel 1921, di Turati. Egli vedeva la questione del Mezzogiorno come un perfetto meneghino : strade, ponti, acquedotti, bonifiche, ecc. milioni da anticipare da parte dello Stato, e basta. È la medesima impostazione di pensiero mussoliniano. Ho avuto agio di avvicinare diversi altri riformisti. In tutti un sincero bisogno di muovere in soccorso di queste regioni trascurate, abbandonate, di stabilirvi una specie di protettorato della repubblica social-riformista dell' Italia Superiore, un vivo senso di contrarietà quando si osserva che il problema del Mezzogiorno è un problema morale; non di nuove scuole e di grossi empiastri di redenzione ; è ricerca di sè ~ stessi, delle proprie tradizioni, fare da sè. . L' unitarismo, come del resto il fascismo, risolverebbe volentieri la questione con l'invio sul posto di grossi battaglioni di caporali milanesi, col compito di far lavorare un po' di più questi piagnucolosi meridionali,, ebbri di sole e di ~hitarrate. Così Mussolini pensò di districare l' imbroglio del dissidentismo napoletano inviando sul posto il farmacista Belloni, coll' incarico di inventare di sana pianta un Fascio; e il giorno della cerimonia inaugurale, come gradito dono ai buoni partenopei, collocò nella borsa di pulizia dell'On. Giunta, oratore ufiiciale, fra le spazzole ed il pennello da barba, il testo di un decreto che elargiva nuove provvidenze per Napoli. La cerim.onia, come era naturale nella ribe le Partenope, finl fra i fischi e le pernacchie, assurte in questo caso a simbolo di reazione contro la scarsa sensibilità del Duce in fatto di questioni morali. BibliotecaGino Bianc
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==