La Critica politica - anno V - n. 2 - febbraio 1925

70 LA CRITICA POLITICA godeva più di seicenteschi privilegi annonari, quale ambiente più adatto per una propaganda liberista d'una città di consumatori ? In fondo la promessa del famoso pane a quattro soldi si fondava sugli sperati risultati della battaglia condotta dal Ciccotti in Parlamento contro il dazio sul grano. Perchè dovevamo lasciarci portare via il popolo, il vecchio popolo indistinto ed eterogeneo, di mazziniana memoria, da spostati della vita politica, come i socialisti napoletani? I radicali non ne volevano sapere. Erano gente bene educata che non si sporcava con gli straccioni, con i lazzari. Noi siamo un partito di intellettuali, ripetevano, noi non possiamo uscire dalla nostra impostazione aristocratica senza suicidarci. E continuavano, con ammirevole costanza a presentarsi c~ndidati nei collegi politici ed amministrativi, ed a prendere quasi sempre delle boccie solenni. Quando qualcuno riusciva, era una festa in famiglia ; le congratulazioni agli eletti, come del resto le condoglianze agli sconfitti, costituivano il caposaldo dell'ordine del giorno nelle assemblee. In fondo, avevano ragione. La vecchia tradizione democratica napoletana si fondava sul ceto curiale e sulla media borghesia terriera. La plebe cittadina ed i cafoni erano rimasti sempre ostili ai liberali. Poichè determinate ideologie e determinate categorie sociali storicamente combaciano, ogni sforzo logico che estendesse l'idea ad altri ambienti e ad altri climi sociali, costituiva un salto nel buio. LA METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA 'Ritornando a Napoli, dopo la guerra e dopo un'ampia parentesi sarda, ora- , mai libero da vincoli con qualsiasi forma di democrazia, ho potuto seguire da _ vicino, prima il trionfo del fascismo, poi il sorgere delle opposizioni, infine la costituzione della Unione Meridionale. Il fascismo meridionale fu tenuto a balia daila democrazia. Forse i fascismi di tutta Italia; che ebbero per matrice le leghe antibolsceviche di purissima marca massonica. Non svelerò certo un mistero ricordando che Padovani, una figura energica, autoritaria, di molta dirittura morale, a cui si deve la liberazione del movimento napoletano dal primo generico scimiottamento dannunziano, era un giustinianeo. II dissidio Padovani-Greco, con le lunghe diatribe del dissidentismo, si riduce ad una lotta fra Palazzo Giustiniani e Piazza ·del Gesù, col trionfo di Greco per i silenziosi meriti di Cesare Rossi, alto dignitario di Piazza del Gesù. Resta incontrastato quindi che a chiave di volta del fascismo Napoletano, era democratica, se l'uno e l'altro antagonista provenivano dalla Masso-- neria che, ortodossa o scismatica, conserva acceso il fuoco sacro della sovranità popolare. E d'altra parte bastava avere qualche consuetudine con uomini cosìdetti democratici, per poter constatare il loro entusiastico filofascismo•. Ancor oggi, nonostante le percosse amministrate dai fascisti agli adepti di Palazzo Giustiniani, le camere superiori di quest'ordine sono in gran parte costituite da irriducibili filofascisti, costretti a soffocare le nostalgie di un recente passato per il ribollire antifascista delle loggie, in cui hanno possibilità di rumorosamente manifestare le loro opinioni i giovani iniziati. Massoneria è piccola borghesia, ed il bolscevismo fu la prima affermazione autonomistica della classe operaia italiana. Era ben naturale che la categoria detentrice del potere politico si difendesse. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==