La Critica Politica - anno IV - n. 12 - dicembre 1924

... ... LE DUE CONCEZIONI DELLA LIBERTÀ 517 che la rivoluzione aveva nel primo impeto distrutte, ma s'è perfino cimentata nella formazione della più alta e complessa associazione umana: lo Stato, dando in tal modo la ·prova perentoria depa sua capacità costruttiva. Noi siamo ormai cosi avvezzati all' idea dello Stato liberale, che ci sfugge ormai quel carattere paradossale di essa, che non sfuggiva ai primi e ignari osservatori. Lo Stato, l'organo della coazione per eccellenza è divenuta la massitna espressione della libertà; il nemico tradizionale degli individui s'è modellato nella forma della coscienza individuale. _ Queste esperienze hanno vivamente smentito l'opinione dei despoti e dei loro fautori : che la libertà sia capace di demolire e non• di ricostruire : e che essa sia in grado, tutt'al più di coronare, con1e un lussuoso ornamento, ~ l'edificio già fatto con mano d'opera servile. La libertà di cui parla il dispotismo è, nel primo caso, quella dei servi in rivolta ; nel secondo, quella di liberti per grazia del padrone ; nell' un caso e nell'altro qualche cosa di servile : è la sua creatura. Ma la vera libertà, quella dell' uomo suis iuris, è demolitrice e ricostruttrice; essa corona l'edifizio in quanto è opera sua. Nulla ripugna all'uomo libero più dell'opinione cortigianesca che fa della libertà un ornamento e un lusso: egli sa infatti che essa è qualcosa di molto più serio, una disciplina, una responsabilità, un sacrifizio. Azione libera significa tutt'altro che azione facile : la libertà sottrae all'uomo ogni comodo puntello di una decisione già fatta e impostagli dall'esterno, che gli risparmi la pena di un interno travaglio; ma lo pone isolato al cospetto della sua coscienza, lo fa unico responsabile delle conseguenze della propria azione, che nessuna benigna autorità potrà mai coprire dall'esterno. E la gioia che gli dà, di essere unico artefice della propria opera, è inseparabile da quel tormento che l'ha preceduta: l' una e l'altro insieme sono con egual titolo fattori del suo progresso spirituale. Ci si spiega, ora, la grande differenza che passa tra la concezione settecentesca della libertà come un dato di natura, e quella che possiamo ancora dir nostra, che ne fa un divenire, uno sviluppo. « Chi dice che l' uomo nasce libero, è costretto, poi, ad ammettere che egli diventi schiavo in seguito, perchè ogni legame con altri uomini, ogni rapporto di vita familiare, sociale, statate, non è che un sacrificio di quella primitiva, presunta libertà. Sarebbe una ben strana libertà, che l'uomo possiede solo quando è meno uo1n'.), e che si appanna al primo soffio ! Tutto ciò che noi giudichiamo uno sviluppo spirituale, un ampliarsi del nostro raggio di azione, un possederci in una esperienza più vasta, sarebbe un'attenuazione della libertà del volere, cioè della personalità umana. Noi invece sentiamo profondamente che non si nasce liberi, ma s·i diventa liberi. Così nella vita dell' individuo, come nella vita storica deli' umanità. Non è libero il fanciullo, dominato com'è da impulsi, da passioni passeggere e incostanti, tanto è vero che lo si pone sotto vigile tutela. Non sono liberi i popoli fanciulli, benchè abbiano l'apparenza di esser tali (come quelli che non sono tenuti in freno da stabili leggi e da organici ordinamenti) ; ma tra essi si dà l'arbitrio in alto, tra i più forti che dominano, la servitù in basso, nei deboli che son dominati. La libertà non è all'origine, ma diviene nel corso dello svolgimento umano . A misura che l'azione dell'uomo amplia le sua sfera, essa si fa più libera, perchè si riconduce al foco di una personalità più complessa. Fanciulli, siamo dominati dalla vita sensibile e passionale; giovani, cominciamo a dominarla; adulti, 'BibliotecaGino Bianco

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