La Critica Politica - anno IV - n. 11 - 25 novembre 1924

468 LA CRITICA POLITICA - Mazzini non ebbe un sistema, ma una saldissima sistematicità di pensiero (1). Se credete che egli abbia predicato instancabilmente l'Associazione delle Nazioni che realizzasse la vera Umanità, su fondamenti meramente sentimentali o, peggio, di contingente politica, e non invece come l'essenziale elemento di tutta la sua concezione di vita, voi travisate il significato di quella predicazione e vi lasciate sfuggire la possibilità di comprendere, nella sua indivisibile unità, tutto il suo pensiero. Se non si risolve il concetto hegeliano dello Stato - e fuori della metafisica idealistica non si può parlare con fondamento d'una eticità dello Stato - nella più vasta e unitaria concezione di Mazzini, io credo poi che non s'intenda lo spirito della nuova filosofia. Hegel non aveva potuto parlare d'alcun vincolo tra gli Stati, di alcuna volontà, di alcuna legge che stesse sopra il loro individuale arbitrio; e.ppure, concepito lo Stato come immanente alla coscienza dell' uomo, era necessario per il suo sistema che si affermasse questa suprema unità (2). Perchè quella concezione atomistica e meccanica dell'individuo, ch'egli aveva combattuta e annientata con l'ardore e la passione di chi si sente impegnato a lottare per il trionfo della più bella causa, perchè quell'astratta concezione, che con uno sforzo da titano egli era riuscito a sprofondare, elevando un nuovo concetto di autorità e di libertà, affermando la eticità dello Stato, perchè doveva essa sopravvivere nei rapporti tra gli Stati? Davanti a questo scoglio immane s'arrestò l'impeto del lottatore e si spezzò la ferrea sistematicità del suo pensiero. Ma quale unità era mai pensabile che si realizzasse sopra Stati che non si fondavano sulla Nazione, e con1e esistevano in realtà al momento di Hegel? (3) Che erano questi Stati, se non la costrizione armata di diversi popoli sotto un solo scettro, rappresentante l'arbitrio di un piccolo numero .. e non già la volontà universale di tutti i cittadini? Poteva parlare Hegel di Stato etico, ma era lontano del realizzarsi questo concetto, che permaneva alle altezze dell'empireo metafisico, dove anche - abbiamo già detto - non era interamente giustificato. Se nella realtà quello Stato, cui il filosofo riconosceva sì grande valore morale, non significava già, come richiedeva la nuova concezione, il potenziamento della volontà dell'uomo in una più vera e libera volontà, ma l'oppressione piuttosto (1) < La nostra non è una esposizione di dottrina, - egli scrive - ma una serie di basi di credenza, disgiunte e puramente affermate, contenenti nondimeno quanto basta ad accennare qual sia: il nostro concetto filosofico e religioso. Le nostre credenze politiche non sono che conseguenze più o meno dirette, più o meno evidenti>. Fede e Avv., IX, in nota. (2) Egli scrive infatti : < Il rapporto tra Stati e Stati è vacillante; non esiste un pretore il quale li componga. Il più elevato pretore è unicamente Io Spirito universale, che è in sè e per sè lo Spirito del mondo > Fil. d. Dir., § 339 agg. (3) Hegel scrive a proposito della teoria kantiana per la pace perpetua, da conseguirsi mediante una lega di Stati, che essa: < presuppone la umanità degli Stati, che dipende da ragioni e riguardi morali, religiosi o di qualsiasi natura; in generale sempre da una volontà sovrana pa~- ticolare e quindi resta affetta da contingenza> (Fil. d. Dir., § 333, nota). Come si vede, egli perde nella considerazione dello Stato che non è Nazione, e necessariamente, il valore essenzialmente immanente di esso alla coscienza dell'uomo. Tanto meno Kant poteva intendere questo valore morale dello Stato perchè - a parte la considerazione della pace perpetua - non devesi già parlare di lega, ma piuttosto dell'affermarsi e· costituirsi di una vita sociale anche per~ gli~Stati • . -- BibliotecaGino Bianco

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