La Critica Politica - anno IV - n. 10 - ottobre 1924

420 LA CRITICA POLITICA vava, si sviluppasse e vigoreggtllsse, bisognava .che il fascismo non limitasse quella ribellione ad un'azione puramente esteriore e coreografica, ma seguisse un'altra via più aspra, più lunga, ma anche più sicura: .bisognava guardare in faccia i problemi concreti _ed urgenti della propria classe sociale, della propria città, della propria regione, e reclamare, pretendere, conquistare niente più che il diritto e la libertà di risolverli direttamente, con le sole forze par~icolari e locali, secondo le ·diverse esigenze locali e particolari ; bisognava marciare alla conquista del proprio comune o della propria categoria e gruppo sociale, attuando o proponendo almeno la soluzione concreta di difficoltà e di questioni grosse e piccole; e sopratutto bisognava rifiutare con ogni energia e con l' intransigenza più accanita di andare a Rorna per trattare gli interessi di Novara o Messina, di insediarsi in un ufficio romano per discutere le paghe e i contratti di lavoro dei metallurgici torinesi o dei braccianti pugliesi o dei contadini toscani, di sedersi nelle poltrone ministeriali di Roma per studiare i mezzi più adatti a togliersi di sul collo il gr~ve gioco delle intromissioni e delle pretese del governo centrale. Limitarsi a soppiantare negli uffici più alti ma anche in pràtica soltanto più decorativi i burocrati ed i politici della capitale e poi celebrare il trionfo del- , l'insurrezione provinciale era una contraddizione in termini : per trionfare veramente, sarebbe stato necessario costringere quei burocrati e quei politici a riconoscere la libertà e la volontà dei principali, a lasciar fare senza intromissioni e sfruttamenti, ciò che significava abdicare ai proprt poteri, an~i scomparire, suicidarsi per gra°: parte almeno di quei signori. E così la provincia italiana avrebbe acquistato il modo di educarsi politicamente, di crearsi un'esperienza ed una coscienza nitida delle proprie necessità doventando così capace di governarsi, vale a dire di esprimere una classe ditigente atta e preparata ; gli Italiani, finalmente arbitri e responsabili nelle cose del proprio comune o della propria classe, avrebbero acquistato la possi~ilità di sentire ed attuare, ciascuno in sè, lo Stato. Se Roma era infetta, se proprio da questa sua infezione era appestata la sana campagna d'Italia, bisognava evitare ogni contatto con Roma, proclamare su tutti i toni il < via da Roma>; invece vi fu)a < marcia su Roma>, l'entrata nel pieno dell'infezione, la voluttà di respirare l'aria profumata della cloaca splendente, e l'infezione trionfò. I legionari entrarono da porta Nomentana, crociati di purezza, ed uscirono da porta Salaria in brillanti uniformi od in severe redingotes di uomini influenti, di personaggi, di missi dominici: un diluvio di alti e _bassi commissart, regionali e, provinciali, di fiduciarì, di ispettori, di perpetui commissart prefettizi e regi nei comuni, di delegati ad amministrare enti locali, opere pie, organizzazioni d'ogni genere, perfino private, si rovesciò sulla provincia evidentemente liberata dall'esosa tirannia dei fannulloni e dei chiacchieroni di Roma; mai girò per l'Italia un numero più grande di personalità, mai i treni fecero. affluire e defluire dalla capitale una moltitudine B'iblioteca Gino Bianco

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