• 314 LA CRITICA POLITICA una sottilissima paratia stagno lo separava dal combattentismo di Savelli. Anche da questa parte era la democrazia che marciava sotto le insegne del famoso programma Zavattaro, rispolverato e lucidato per l'occasione. Avvocati e piccoIo-borghesi gridavano in difesa della Sovranità Popolare violata, e affilavano le loro armi all'ombra delle loggie della Massoneria in disgrazia. Mussolini che sapeva così bene giocherellare con i palloncini colorati delle idee, aveva ormai scoperto il carattere democratico del fascismo. Ed in seguito ad un buon rimpasto, che oramai si preannunciava, chi avrebbe impedito, non ai quattro bravi ragazzi del · comitato centrale, non a Pacciardi, non a Gigino Battisti, ma a tutta la sterminata schiera di facondi avvocati di provincia, di riconoscere che in fondo l' Italia era abbastanza libera, specialmente nell'ora in cui salivano al potere i gloriosi rappresentanti del popolo in grigio verde, i portatori del ramoscello d' ulivo fra le fazioni in rissa ? « Periscano tutte le fazioni, anche la nostra, purchè sia grande e rispettata la Patria ». LA STORIA E LA RETORICA Mentre alla Camera risuonavano le invettive truculente e gli inni alla concordia, la necessità storica operava silenziosamente ed inesorabilmente, ed ancora una volta si serviva di poveri strumenti inconsci. Nell'Italia viva, nel Settet1trione, continuava la l9tta fra le forze bancarie affaristiche e la classe operaia. Le prime, non solidali neppure fra loro, si disputavano il predominio dello Stato, per imporgli una ancor più sfacciata politica di forniture a trattativa privata, di ·sovvenzioni ad imprese sballate, di privilegi, di compartecipazioni e di esenzioni. La seconda, guidata da uomini intelligenti, insofferente d' una condizione di schiavitù imposta da una politica che mira alla progressiva falcidia dei salari per accrescere il profitto capitalistico, s'era messa in atteggiamento di difesa, e coglieva ogni occasione per denunziare alla pubblica opinione le vergogne dell'attuale regime, mancipio d' una classe di speculatori senza alcun pudore nè ritegno. A questa lotta sulle modalità di distribuzione della ricchezza, assisteva inerte il Meridione,· patria di contadini servi e di avvocati ciarloni, su cui il governo riversa il peso delle imposte, con una lotta feroce alla _terra, ai redditi agrari, a tutte le vere fonti della vita economica, per rimettere in sesto il bilancio dissat1guato dalla piovra milanese. Un uomo dallo sguardo freddo e penetrante, dalla bocca beffarda, un rinnegato della borghesia industriale e commerciale, s'era messo alla testa del laburismo del Nord, e da buon conoscitore riusciva a vedere oltre il mare di parole vuote e di frasi ad effetto con cui si baloccano tre quarti degli Italiani : democrazia, amor di patria, normalizzazione, stirpe, sovranità popolare, Roma .imperiale, ecc. ecc. Egli annotava, incolonnava delle cifre, raggruppava dei fatti, in apparenza senza rapporto fra loro, e rielaborava tutto ciò in discorsi secchi, scheletrici, che non potevano per nessun rispetto esser chiamati orazioni. Quell'uomo avrebbe continuato a parlare anche sotto il nuovo democratico regime, del ramoscello d' ulivo, del periscano tutte le fazioni con quel che segue, e avre_bbe turbato l'alto e sereno sonno della nazione riconciliata, e. le dolci illusion dei restauatori della certezza del diritto e della unità della legge. Quell' uo1no doveva caBibliotecaGino Bianco
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