La Critica Politica - anno IV - n. 7 - 25 luglio 1924

L'ASSOCIAZIONE DEI COMBATTENTI 309 rappresentato da Livio Pivano, Aldo Rossini, Giorgio Bardanzellu e Cesare Maria De Vecchi. L' Italia meridionale, con audaci punte nel Nord aveva oramai la sua organizzazione politica, a carattere rurale, libera da compromessi con le cricche industriali del Nord, ostile a socialisti e popolari che lassù dominavano. Era un fatto storico. L'audace sogno di Giovanni Cuccia, la marcia su Roma dalla Sicilia, si sarebbe potuta realizzare. Tutto andava nel migliore dei modi. Solo che l'accordo si basava su un equivoco : non era stata ancora discussa la questione morale. Non appena si arrivò a questo punto spinoso, tutto il castello cosi agevolmente fabbricato, crollò fragorosamente. In seguito ad un violento attacco di elementi siciliani dissidenti contro il corregionale Demartino, fu avanzata la proposta di affidare ad una commissione d' inchiesta il compito di vagliare le gravi accuse mosse a diversi membri del Comitato Centrale scaduto. La proposta fu appoggiata dal gruppo di Volontà, e con grave errore t~ttico combattuta dal De Martino. Il congresso fini fra le bastonate, con una seconda secessione. La fazione De Martino nominava nel proprio seno un nuovo comitato centrale, composto di mezze figure che avrebbero .trascinato nell'abisso tutta l'organizzazione. La Sardegna ed il Molise si allontan~vano dall'associazione costituendo federazioni autonome e proclamando di gettare le basi di un Partito Italiano d'Azione. Dal congresso di Napoli usciva sconfitta l' Italia Meridionale, che si dimostrava incapace di costituire un movimento politico autonomo, con pensiero e forze meridionali. La scissione della Sardegna e del Molise portava il completo scompiglio nell'organizzazione. D'altra parte queste due regioni non riuscivano a concordare l'azione unitaria per la costituzione di un movimento a carattere . nazionale, o almeno meridionale, che, se fosse stato preparato in quell' istante, a ferri caldi, avrebbe avuto probabilità di successo ; giacchè il movimento di Volontà aveva raccolto fervidi consensi per le magnifiche affermazioni di Mario Ferrara e di Vincenzo Torraca, che, nella generale confusione delle idee, avevano saputo presentare un concreto programma inspirato ad una organica visione politica. Trionfando però la irresoluzione ognuno agiva per proprio conto. In Sardegna un mese dopo si fondava il Partito Sardo d'Azione, e solo nel gennaio del 1922, dopo oltre un anno, in seguito a molte sollecitazioni ed insistenze si costituiva il Partito Molisano, presunta prima cellula dell'organizzazione nazionale. Il nuovo Comitato Centrale, nonostante che fosse costituito di burattini a cui i vecchi dirigenti avrebbero dovuto tirare i fili, in pratica finiva per svolgere una sua azione non sempre controllata dai padri nobili, molto più abili e avveduti, e commetteva una serie di gaffes e di errori, da rimanere completamente screditato. Contemporaneamente i progressi del fascismo, giganteschi dopo la rovina del movimento d'occupazione delle fabbriche, restituivano di riflesso nuova vita alle associazioni combattenti dell'Alta Italia, e davano una certa validità all'organizzazione autonoma eterodossa, costituitasi in seguito ad un convegno a Brescia, che riaffermava il carattere apolitico dell'Associazione. Trascinati dal desiderio comune di abbattere gli ortodossi di Roma, che si dimostravano sempre più inetti, tanto da riabilitare i loro predecessori, i politici rigidi sardo-molisani si accordavano con gli apolitici di Brescia, e concentravano i loro sforzi contro i comuni . BibliotecaGino Bianco I

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