308 LA CRITICA POLITICA Infatti era avvenuto ciò che era inevitabile : i Cuccia, i Morabito, i DeMartino erano spinti dalle ragioni stesse del loro movimento a dare una sistemazione ed una precisa fisionomia alla massa caotica del Meridione che voleva agire. Il Rinnovamento, parola magica disputata agli avversari, era in fucina. Divisi da motivi di disistima personale, gli uni e gli altri agivano parallelamente per raggiungere lo stesso obbiettivo, trascinati da una forza superiore. , Il gruppo di Volontà ( e fra gli altri lo scrivente) nello svolgere la sua campagna, partiva da un presupposto che i fatti dimostrarono completamente erroneo. Riteneva che nel Meridione d' Italia vi fossero altre energie politiche capaci di sottentrare nella direzione delle masse al posto del gruppetto imperante a Palazzo Venezia. Errore gravissimo, perchè avrebbe dovuto senz'altro convincersi che i Cuccia, i Morabito, i De-Martino avevano trionfato sugli altri paglietta del meridione, semplicemente perchè erano i migliori. Cioè i più attivi, i più energici, i più ambiziosi ; non assillati da titubanze o da scrupoli. Erano l' Italia meridionale in veste politica con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Gli altri, quelli che li avrebbero dovuti sostituire, se da un punto di vista astratto apparivano superiori moralmente, erano, nella lotta politica, dei fiacchi, degl' impotenti, degli incapaci. Come elementi di direzione valevano zero. IL CONGRESSO DI NAPOLI Si venne così al Congresso di Napoli con un problema politico e una questione mora~e. Problema politico nel quale Comitato Centrale e gruppo di Volontà per forza di cose coincidevano, contro l'ibridismo fascistico-democratico e l'equivoco dell'Alta Italia. Questione morale dalla quale sorgeva il più aspro dissidio. Tutte le forze occulte che agivano contro la creazione del partito si apparecchiavano silenziosamente a sorreggere le accuse di Volontà. Il Comitato Centrale, nel quale erano uomini di formidabile abilità tattica, comprese la situazione: fece precedere all'ordine del giorno la questione politica, e mise in coda il proprio rendiconto morale. Era il mezzo per battere separatamente gli avversari. Avvenne quello che doveva avvenire. Il gruppo di Volontà contava sui sardi, sui molisani, su parte dei pugliesi, su pattuglie della Liguria e dell'Irpinia. Il .Comitato Centrale sui siciliani, parte dei calabresi, i brasilischi, i campani, gli abruzzesi, i laziali; tutte queste forze sommate costituivano i due terzi dell'associazione. L'altro terzo era rappresentato dagli apolitici, dalle federazioni dell'Italia settentrionale e centrale. Una volta iniziatasi la discussione sul problema : « Bisogna costituire o pur no, il partito?» dopo le prime schermaglie, saggiate le forze rispettive, si venne per forza all'accordo fra i due gruppi partitisti. In seguito all'accordo TorracaBellieni-De Martino, si venne alla votazione dell'ordine del giorno Fancello che imponeva una disciplina di partito all'associazione, allontanandone tutti coloro che facessero parte di altri partiti politici. Votato a schiacciante maggioranza, significava l'espulsione dei democratico-fascisti del Nord dalla organizzazione. E infatti la maggioranza dei rappresentanti settentrionali si allontanò dalla sala protestando e lanciando invettive, dopo aver cantato l'inno di Mameli. Restarono solo gruppi della Liguria rappresentati da Savelli, e tutto il Piemonte Biblioteca Gino Bianco
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