304 LA CRITICA POLITICA zioni combattenti, gli altri, disorientati, attesero la loro ora eh' è suonata in quest' ultimo biennio. Le sezioni pullularono in tutto il Mezzogiorno. I loro dirigenti avevano prima della guerra militato in gran parte nella democrazia, categoria politica molto in voga in queste zone, dove il gruppo parlamentare radicale reclutava la maggior parte dei suoi adepti, e la sinistra democratica un forte contingente di ascari giolittiani. Fatto curioso, anche la maggioranza dei dirigenti delle sezioni del Nord, le così dette apolitiche, era democratica. Si può dire anzi che quelli che tenevano il mestolo in mano erano i fratelli oratori, in missione straordinaria presso i reduci. Nel settentrione, del resto, c'era poco da fare: il proletariato disertava l'associazione e restavano pochi radicali, repubblicani vecchio stile, monarchici e altra piccola borghesia indefinita e indefinibile. Un po' più di vita e di fervore nei paesi di montagna, dove il Mezzogiorno risorgeva in Val Camonica. Ecco perchè nel congresso di Roma, dopo lungo tempestare in discussioni inconcludenti, che dimostravano la colossale immaturità e vuotaggine spirituale della così detta nuova classe dirigente, i convenuti credettero di aver toccato. il cielo col dito, non appena Zavattaro lesse il suo programmal politico. (Quello stesso che è stato recentemente rispolverato da Italia Libera). Finalmente si sapeva che cosa volevano i con1battenti : Il maestro deve essere il primo funzionario dello Stato. Pensioni per la vecchiaia. Confische di sopraprofitti di guerra. Decimazione del capitale. Terre ai contadini. Strade, bonifiche, credito agrario. Costituente per la revisione della carta costituzionale del 1821 (sic). Abolizione del Senato. Sventramento delle prefet- . ture. Moralizzazione della pubblica sicurezza. Società delle nazioni. Disarm{); progressivo -ecc. ' In fondo lo zibaldone Zavattaro era un programma democratico. Corrispondeva alla mentalità dei dirigenti, s' intonava allo stato d'animo delle masse, ch'e·rano soddisfatte d'aver fatto la guerra e d'esserne uscite salve, desiderose di tranquillità esterna per potersi godere la pace. Il congresso si dimostrò violentemente contrario a tutti coloro che volevano nuove imprese belliche, a tutti i dalmatomani. Giunta fece fiasco, Ferruccio Vecchi fu cacciato a spintoni dall'aula. In nome di questi principi democratici, per volontà delle masse rurali del Mezzogiorno in maggioranza schiacciante al congresso, furono eletti al comitato centrale, insieme a qualche settentrionale e a due toscani chiacchierini, Cuccia,. Vella, Morabito, De-Martino rappresentanti dei contadini del Lazio, della Calabria, della Sicilia. Qualche maligno potrà ricordare invece che la lista concordata fu frutto di laboriosi intrighi di corridoio e di colpi di mano dell' ultim~ ora, e che il volere. dei contadini meridionali non c'entrava per niente. Ma tant'è ; in realtà i nomi designati dal congresso simboleggiavano il primo movimento politico dell' Italia Meridionale dopo l'occupazione garibaldina del '60. Bene o male dietro quella I lista d' illustri sconosciuti erano migliaia di contadini organizzati, non il solito gruppo di galantuomini annidati nel relativo circolo o casino. Il Mezzogiorno. cominciava a muoversi pigramente, colosso mostruoso privo di condottieri, privo d' un pensiero politico, senza chiara consapevolezza della propria forza. Cioè un condottiero ci sarebbe stato, ma esso era al governo, non come rappresentante delle forze del Mezzogiorno, ma in virtù di combinazioni parlamentari, e mercè accordi con le forze bancario-industriali dell'Alta Italia. Pure, BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==