La Critica Politica - anno IV - n. 6 - 25 giugno 1924

I LE LOTTE DEL LAVORO 267 codici, dei suoi tribunali) dello sciopero operaio; del diritto che hanno gli operai di contrattare con l' industriale la merce lavoro di cui essi sono i detentori e, per avventura, di ·rifiutare · la prestazione dell'opera loro, quando credano che le condizioni di salario o d'orario proposte non rispondano alle condizioni del mercato e alle ragioni della vita civile. Quando l' Einaudi discuteva queste audaci ed autorevolissime tesi, che miravano, com' è evidente, alla ammissione giuridica dello sciopero obbligatorio per tutti, eravamo nel 1904: a quattr'anni, cioè, dallo sciopero politico di Genova, nato dalla protesta della popolazione operaia ligure, in seguito ali' inopinato scioglimento della Camera del Lavoro della città e delle succursali viciniori della stessa, açcusata di promuovere l'odio fra le varie classi sociali e d'istigazione a delinquere. Quat- , tr'anni dopo, non da socialisti scamiciati o da organizzatori professionali, ma da un magistrato fra i più elevati nella gerarchia e da un docente universitario si venne a sostenere, addirittura, il dovere della solidarietà tra i lavoratori scioperanti e, per ragioni d'ordine pubblico e d'igiene sociale, la necessità di castigare i renitenti 1 Sintomo codesto, di com'era universalmente giudicato il progredire del movimento operaio e, altresì, della imJJensata rapidità con la quale maturano gli eventi e mutano le opinioni in ordine ai più gravi problemi della vita politico-sociale, nel nostro paese - il quale passa di colpo, quasi senza fasi intermedie, dalla reazione, che osteggia il fatto stesso delle organizzazioni prof essionali, all'estremo opposto, che vorrebbe imporre a tutti il legame dell'organizzazione - che evolve d'un subito, dalla dedizione al bolscevismo ali' esaltazione del fascismo. È d' uopo riconoscere, assistiti dalla nostra memoria di uomini non più giovanissimi, come le critiche e le resistenze opposte dall' Einaudi e da altri studiosi o politici della sua scuola, sia alla tendenza di ammettere fra i principi costituzionali del movimento operaio il reato di crumiraggio, sia a determinate restrizioni monopolistiche di cui chiedevasi l' intro"duzione, sia ad un certo sisten1a di protezionismo utilitario invocato da più parti a favore delle classi operaie urbane e delle cooperative proletarie, fosse giudicato dai direttori del movimento operaio e socialista come l'espressione di un superstite spirito reazionario, degno d' essère oppugnato e condannato. L' Einaudi e altri scrittori perseveranti sulle stesse direttive di lui - anche perchè, talvolta, manifestavano un' insofferenza aspra superba ed ingiusta verso lo sforzo potente di coordinamento e di elevazione cui attendevano · i sindacati di lavoratori - erano pertanto avversati quali nemici senza maschera del buon diritto operaio, invariabilmente refrattari ali' influsso delle nuove correnti che, a gara, da ogni parte, mostravasi desiderio di favorire e di far trionfare. Vicini all' Einaudi e alla sua tendenza liberista, trovaronsi, se non proprio nelle esteriori forme della polemica e nelle dichiarate finalità, sibbene nella critica contingente e nel disdegno del pacifismo burocratico, i sindacalisti-soreliani, lo sforzo dei quali, in Biblioteca-Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==