La Critica Politica - anno IV - n. 6 - 25 giugno 1924

I' I CONSIGLI AGRARI REGiONALI NEL PENSIERO DI GHINO VALENTI 263 provvedimenti statali a loro vantaggio, cui finora si sono abbandonati e che li ha lasciati quasi sempre pienamente disillusi, non serve che a deprimere la loro energia, ad attutire la loro volontà >. Gli agricoltori nostri debbono riflettere bene, prima di domandare un provvedimento allo Stato, se esso non possa esser conseguito mediante la loro propria azione individuale o associato >. < Se, nel campo economico è, in tesi generale, sempre difficile che l'azione positiva dello Stato raggiunga un pratico effetto, la difficoltà è tanto maggiore nel caso dell'Italia e dell'agricoltura; sia per l' inabilità nostra nelle organizzazioni di ~tato, che sembrano repugnare ali' indole del popolo italiano, sia per la grande diversità delle condizioni e · dei luoghi che l'Italia agricola presenta, e a cui non si confà quella uniformità di provvedimenti e di azione che emana dallo Stato >. L'Italia ha avuto per lunghissimi anni un l'/linistero di agricoltura (ora assorbito in quelle dell'Economia Nazionale), ma < invano si ricerca qual' è l'opera, qual'è la riforma, qual' è infine la preparazione ad una riforma futura che da quel Ministero sia stata iniziata. Non c'è che una cosa in aumento: il malcontento della classè rurale per l'azione del Governo, azione che in ogni contingenza è giudicata nulla o insufficiente e talora perfino deleteria>. L'accentramento dei servizi nell'agricoltura ha prodotto e produce inconvenienti piil gravi che in ogni altro campo. A tali inconvenienti Ghino Valenti non vedeva che un rimedio: la costituzione di rappresentanze agrarie regionali (e non provinciali). < L'esercizio dell'agricoltura, osservava, per ragioni naturali e sociali presenta: nelle Regioni italiane caratteri affatto differenti; talchè quel che si può dire per l' una non vale per l'altra; e le differenze sono talora cos} rilevanti da apparire maggiori di quelle· che intercedono fra i paesi più discosti e che fan parte di Stati diversi>. Questa condizione peculiare dell'agricoltura era stata posta già autorevolmente in luce da Stefano Jacini. Devesi perciò < riprendere l'antico progetto, sempre rimasto tale, di costituire vere e proprie Rappresentanze agrarie, le quali potrebbe!o essere regionali, e di cui dovrebbero far parte insieme i delegati delle diverse istituzioni agrarie e quelle degli esercenti l'agricoltura. In seno ad esse sarebbero discusse le qù.e- . stioni agrarie che piil interessano la circoscrizione, esaminati i provvedimenti che si richiedono dal governo, dimostrata la utilità delle iniziative private e promosse tutte quelle forme. coliettive di azione necessarie a raggiungere gl' intenti che l' individuo isolato, per difetto di mezzi e di conoscenze, sia impotente a conseguire. Le dette Rappresentanze dovrebber disporre di fondi adeguati, ed oltre ad un assegno fisso dato dallo Stato, essere autorizzate a prelevarli direttamente dagli stessi agricoltori mediante un'aggiunta alle imposte erariali e locali>. Quanto al Ministero di Agricoltura dovrebbe restare, non già come organo politico chè anzi il Valenti sostiene la tesi del Ministero autonomo la quale fu già dello J acini, bensi come amministrazione centrale dell'agricoltura come coordinatore di tutta l'azione dello· Stato in pro dell'agricoltura e con il compito specifico di promuovere gli studi agrari, d' incoraggiare e di creare quegli istituti scientifici ed economici rivolti allo studio dei problemi agrari, i~ guisa da rafforzare le iniziative locali e opportunamente illuminarle. Ogni regione avrebbe un proprio rappresentante nel Ministero, mentre il Ministero ne avrebbe uno proprio Bi.bliotecaGino Bia co I •

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