. . I CONSIGLI AGRARI REGIONALINEL PENSIERO DI GHINO VALENTI 261 nismo amministrativo. La semplificazione doveva dipendere da una diminuzione dei compiti dello Stato, Io snodamento doveva farsi in suddivisioni amministrative re·gionali. Ritornarono di attualità i progetti e gli studi abbandonati dòpo il 1876, per attuare nello Stato italiano un ordinamento amministrativo rispondente ai < naturali e tradizionali scompartimenti italiani >. A favore di un ordinamento regionale si pronunciarono uomini di partiti anche molto lontani. Con diverso animo, con maggiore o minore -convinzione furono regionalisti il Partito Popolare, i partiti costituzionali persino i socialisti. E Benito Mussolini nelle sue < parole chiare alle reclute> del 24 maggio 1921 affermava che mentre la monarchia aveva compiuto la sua funzione cercando e in parte riuscendo a unificare l'Italia, doveva es- -ser compito della repubblica (e cioè del fascismo al potere, allora secondo le sue intenzioni) < di unirla e decentrarla regionalmente e socialmente ». È del luglio 1919 una raccolta di studi per la riforma della pubblica am- . ministrazione del prof. Ghino Valenti (1). Il Valenti fu economista molto ap- .prezzato e conosceva assai bene i problemi della nostra agricoltura allo studio dei quali si era dedicato con particolare passione; direttore negli ultimi anni dei servizt statistici del Ministero di Agricoltura aveva infine del meccanismo burocratico dello Stato italiano una conoscenza diretta. È molto importante che egli - estraneo alla politica militante - abbia caldeggiato una soluzione regionale alla riforma della pubblica amministrazione prima ancora che in tal senso si pronunciassero i partiti; ma è ancora più importante che egli abbia avvertito fin da allora come tale soluzione avrebbe finito col trovare contro di sè < la coalizione dei burocrati e dei politicanti>. Eppure,' allorch·è il libro usciva dalla stampa, tanto gli uni che gli altri si manifestàvano favorevoli 1 Appunto perciò, ammoniva il Valenti, perchè favorevoli si doveva diffidare di essi e solo la morte immatura gl' impedì di vedere quanto presto i fatti venissero a dargli ra:gione. < Il male è che quei due veri ed implacabili nemici (della riforma) assumono veste di amici, anzi di caldi fautori, e ciò fanno per impadronirsi della materia con la scusa che essi sono i competenti per maneggiarla ai loro fini e interessi. Essi invero non vogliono la riforma dell'Amministrazione che vuole il Paese, ma quella che giova a loro e in quanto non menomi in alcun modo il loro potere e la loro influenza >. Questi studi del Valenti - che pochi forse ricordano - han~o il pregio di porre il problema della pubblica am'ministrazione sulla base della utilità economica che ne deve derivare. Mentre il lato politico non gli appariva molto chiaro - tanto che egli si fermava incerto sui progetti del Minghetti e del Farini che costituivano un compromesso piuttosto che quel mutamento radicale e profondo dello Stàto su basi diverse delle attuali che pure egli invocava - non gli sfuggiva invece il lato economico. Sono i criteri antieconomici a cui è informata la pubblica amministrazione che ne determinano la inferiorità, e fanno sl che essa non risponda al fine per cui venne costituita. Il concetto economico dovrebbe essere di base ad ogni pubblico ufficio. ·< L' utile ricavabile dall'Amministrazione deve essere in relazione con la spesa che per ottenerlo incontra lo Stato e il contribuente. Non una pratica, un impiegato, un ufficio, una scuola di piil, dove può bastare una di (1) GHINO VALENTI: Per la rl/orma della pubblica amministrazione (studi). Milano,< Unitas > Società Editrice. - L. 5. I, Biblioteca Gino Bianco
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