La Critica Politica - anno IV - n. 5 - 25 maggio 1924

226 LA CRITICA POLITICA frettata a una formazione sociale di decorso assai più lento, le illusioni della violenza e della dittatura, l'efficacia rallentatrice della guerra in rap- · porto alla maturità economica e politica del proletariato e della società in genere, il Mondolfo ha molto giovato a sfatare quella montatura rivoluzionaria che s'era venuta creando in seno al partito socialista nel1' immediato dopo-guerra. In effetti, il partito socialista unitario di cui il Mondolfo è, almeno idealmente, uno dei dirigenti, ha con la sua costante propaganda, e in ultimo, con la sua finale secessione, contribuito più di ogni altro a determinare la détente dell'azione socialista in Italia. Parrebbe, a prima vista, che questo risultato fosse del tutto negativo, anzi distruttivo, perchè permanendo le condizioni dell'agitazione rivoluzionaria, il sistema della violenza e della dittatura che i socialisti lasciavano cadere è stato assunto e monopolizzato dal fascismo. Quindi, in ultima istanza, quel regresso del proletari~to che i socialisti unitari tenevano, come conseguenza di. una rivoluzione socialista, è stato egualmente, e forse più gravemente, effettuato dall'azione degli avversari. E in un certo senso, una buona parte almeno di queste responsabilità ricade su quella frazione socialista, che s' è mostrata troppo lenta nei suoi movimenti e s' è decisa ad assumere un atteggiamento politico concreto quando era già tardi, 1nentre s'era lasciata sfuggire tutte le occasioni più propizie per assun1ere il potere e per attuare la graduale realizzazione. dei suoi progra1nmi a lungo vagheggiat~ . .Ma se, da questo punto di vista, l'azione degli unitari è stata deficiente e tardiva, tuttavia nell'economia generale del movimento socialista, e in riguardo al domani piuttosto che all'oggi, l'atteggiamento loro ha un pregio che compensa tutte le deficienze. Esso infatti, col rendere impossibile l' intempestiva insurrezione socialista, ha sai vato il carattere fonda1nentale dell'organizzazione operaia. Noi ci possiamo chiedere oggi, obiettivamente, che cosa mai sarebbe stata la tanto sperata e tanto temuta rivoluzione sociale del 1919-1920. Possiamo chiedercelo, perchè non si tratta di sondare con l' immaginazione l'insussistente, ma soltanto di riferirci con la memoria agli avvenimenti che poi si son verificati. Noi abbiamo infatti avuto di essa un saggio molto ridotto; e, diciamolo, pure, molto meno rovinoso, nella così detta rivoluzione fascista. In quest' ultima, il provvido concorso della borghesia conservatrice, un certo senso I di misura e di equilibrio nei capi responsabili, hanno agito assai efficacemente nel rallentare gli ardori di quelle masse raccogliticce che hanno formato, nella rivoluzione, il corpo di manovra. Ora, una rivoluzione socialista avrebbe messo in moto precisamente la stessa plebe raccogliticcia e anarcoide ; si sarebbero dati precisamente gli stessi fenomeni di congestione spaventosa del partito dominante, di conversioni in massa suscitate dalla paura, di diseducazione anzi d' incanaglimento popolare; con tutte le immense aggravanti però di una più selvaggia distruzione del secolare lavoro della nazione, di un anarchismo totale (per_chè nesBibliotecaGino Bianco

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