La Critica Politica - anno IV - n. 5 - 25 maggio 1924

224 LA CRITICA POLITICA pitalistiche dell'occidente? Con la sovrapposizione violenta dell'azione politica all'azione economica e sociale, essa non faceva in fondo che assumere, sotto nuova insegna, la tradizione assolutistica e dittatoriale dello zarismo, dando l' illusione di effettuare una dittatura marxista del proletariato, mentre non si trattava invece che di una dittatura robespierriana. Questo infatti vi era di nuovo e di solidamente acquisito alla storia nella rivoluzione russa: lo sforzo di quel popolo per percorrere a tappe forzate la via che l'occidente aveva già percorso, per cercar di mettersi a paro con esso. Altro che precederlo in nuove e più alte conquiste 1 _ Tale significato positivo della riscossa bolscevica è messo in evidenza dal Mondolf o con massima chiarezza di sintesi storica e ampiezza ·di documentazione. Come lo stesso Lenin ebbe a riconoscere, < il compitoimmediato imposto alla rivoluzione russa era un compito borghese democratico .... Il contenuto borghese democratico della notra rivoluzione consiste essenzialmente nella liberazione dei rapporti sociali dagli avanzi del medio-evo, dalla schiavitù del feudalismo >. E in effetti, con la rivo-· luzione russa sorgeva la proprietà individuale della terra dalla dissoluzione del miro, cioè del comunismo medioevale. E intorno ad essa risorgeva anche, app·endice inevitabile, l' individualisn10 dell'artigianato, prodromo e preannunzio dell'individualismo capitalistico. Con la libertà della terra si facevano poi strada la libertà del commercio interno, il risparmio, la circolazione monetaria, l'accumulazione capitalistica per mezzo delle banche. Insomma, si riproducevano le stesse fasi di quel rinnovamento sociale che la civiltà occidentale aveva compiuto più di un secolo prima con la rivoluzione francese. Allora carne ora la dittatura rivoluzionaria nel sostituire al vecchio il nuovo assolutismo politico, batteva in breccia le sopravvivenze di un regime sociale arretrato. Ma c' era proprio bisogno di una rivoluzione comunista, fondata ap- , parentemente e ostentatamente sul proletariato delle città, per distruggere un preesistente co1nunismo 1nedioevale e per riscattare i ceti agricoli ? Non era meglio appropriato a tale impresa il g·overno democratico• di un Kerenski ? No, risponde acutamente il Mondolf o : < finchè il governo, democratico di Kerenski, o altro consimile, mantenendo la potenza eco-- nomica dél capitalismo industriale (legato, per la stessa comunanza di componenti, alla nobiltà feudale), gli conservava l' i1nmancabile influenza politica, finchè l'azione dello Stato rimaneva asservita alle esigenze confluenti del capitalismo nazionale e straniero e degli Stati dell' Intesa, nessuna conquista delle masse contadine poteva essere attuata e tanto meno. assicurata con quella stabilità irrevocabile che era, oltre che esigenza psicologica dei contadini, anche necessità di sviluppo per un paese tuttora rimasto, quasi unico in Europa, entro i ceppi del feudalismo >. Occorreva dunque che, sotto le. ingannevoli apparenze di una rivoluzione comunista, sboccante nella dittatura del proletariato industriale; si com- • Biblioteca Gino Bianco ..

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