178 LA CRITICA POLITICA del socialismo, dette social-democratiche, contrastate ma non a sufficienza dalle minoranze anarchiche. Però, finchè durò l'influenza idealistica della rivoluzione italiana, finchè persecuzioni e sconfitte eccitarono le resistenze rivoluzionarie, la dottrina non ebbe troppa efficacia. Il ritratto di Carlo Marx era in tutti i circoli e leghe socialistiche; ma i marxisti, fin verso il 1898, si contavano sulla punta delle dita. Lo erano solo i più colti, e la coltura era in essi di già un antidoto, che impediva al marxismo di fossilizzarsi e di degenerare in un basso utilitarismo di masse. Ma dopo il 1898-900, sorta una generazione nuova, cessate le persecuzioni o limitate contro esigui gruppi, il successo sviluppò il male ch'era rimasto in germe. Il successo in sè, maggiore di quello che le masse si fossero meritato col proprio sforzo diretto, era già un fomite di corruzione, una causa d'indebolimento morale. I difetti della borghesia si travasavano nel proletariato; il quale a sua volta si mise a correre dietro il successo immediato, cominciò ad essere scettico,. a commuoversi di meno per le idee, a perdere sopratutto il sentimento della libertà. Troppo lur:igo sarebbe analizzare questo fenomeno. Nessuno, intendiamoci bene, rinnegava la libertà; ma pochissimi davano importanza ai problemi di libertà. Il grosso dei socialisti non se ne cura va. Diceva: chi è povero è schiavo; ed aveva ragione. Ma invece di trarne la conseguenza che lo schiavo doveva riv~ndicare insieme alla libertà il suo pane quotidiano, sosteneva che bastava ottenere il pane, perchè la libertà ne sarebbe stata una conseguenza automatica. Dimenticava inoltre che anche la libertà non è reale, se non è frutto di uno sforzo proprio e non se ne usa, ma è una concessione dei potenti o una semplice lustra legale. Prendeva per liberalismo, e se ne contentava, la resistenza tenace ma ovattata della classe dominante, che però non mancava di far scaricare i moschetti sulle folle operaie, quando queste s'accostavano troppo alla sacra siepe del privilegio. Parlo, naturalmente, delle tendenze generali delle maggioranze socialiste, che più avevan presa sulle grandi masse. V'eran poi le minoranze, che si preoccupavano della libertà - i riformisti in senso democratico, i repubblicani che spingevano le rivendicazioni democratiche fino alla negazione della monarchia, gli anarchici che per libertà intendevano l'opposizione ad ogni governo e la negazione di questo - ma tali minoranze, o per una ragione o per l'altra, per motivi giusti od erronei che fossero, nori avevano un seguito sufficiente da contrastare l'agnostich~mo delle maggioranze. Del resto anche in queste minoranze il difetto s'infiltrava sotto altre forme e per ciò limitava la loro inftuenza: nei riformisti le tendenze alla collaborazione governativa e parlamentare, nei repubblicani i1 corporativismo e l'elezionismo in concorrenza coi socialisti, negli anarchici le deviazioni sindacaliste ed individualiste. La guerra ed il dopo-guerra han dimostrato come deleterio fosse affidarsi allo sviluppo automatico della lotta di classe, alle leggi del determinismo economico, ecc. senza educare le volontà individuali e collettive ad intervenire nel gioco delle forze naturali, senza alimentare il fuoco interiore ideale - fatto di ragione e sentimento insieme - di cui il desiderio ed il sentimento di libertà sono il combustibile più potente ed efficace. La guerra non poteva, per la sua stessa natura, non oscurare ancor più il sentimento di libertà, che l'agnosticismo socialista aveva già ta-nto indeBiblioteca Gino Bianco
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