f ... 138 LA CRITICA POLITICA grave fu il ritenere che la causa italiana fosse questione unicamente militare. Giova ripetere: l'Italia non è serva degli stranieri, ma de' suoi (1 ). * * * Le polemiche fra unitari e federalisti furono superate dagli avvenimenti· ma le idee ed i sentimenti restarono. ' Man mano che il successo arrideva alla dinastia Sabauda, gli unitari regi accentuavano la separazione della causa della patria, di cui s'eran di fatto impadroniti, da quella della libertà; e cominciarono a trattare da " nemici della patria" coloro che alla libertà erano restati fedeli. Non arrivavano primi, del resto .... Separata ùall' idea di libertà, l'idea di patria potrebbe essere fatta propria dalle peggiori tirannidi, non escluse quelle straniere. Anche il bieco sfruttatore della malavita pretende di amare la donna che costringe a prostituirsi e sulla quale vive da parassita; e forse a suo modo l'ama davvero, se fa alle coltellate per difenderne il possesso. Nella stessa maniera i despoti, le caste che vivono parassitariamente sulla nazione, pretendono di amare la patria; eppure ne sono i peggiori nemici che lavorano alla sua rovina morale e materiale. Non pretendevano forse di "difendere la patria" contro la propaganda infernale dei mazziniani, chia1nati vandali del pugnale e del tradimento, perfino gli scrittori della Voce della Verità di Modena, l'organo dei gesuiti e degli austriacanti? "Noi amiamo la patria nostra - scriveva il direttore di quel giornale nel 1832, in polemica con la Giovine Italia - e perchè la a1niamo, la vorrèmmo grande, bella, felice; e tale sarà all'ombra dei legittimi troni" .. E poco dopo sullo stesso tor.o, il bai} Sanminiatelli (che il Giusti doveva immortalare nel ridicolo) vantava il suo " vero patriottismo ,, accusando i cospiratori di voler portare " la misera Italia all'anarchia, alla guerra civile, all'ateismo pratico ,, (2). Questo linguaggio, dopo il 1860, fu ripreso contro i repubblicani dal giornalismo sabaudo. Non vi furono calunnie che non si siano avventate dai vincitori contro Mazzini, che lavorando per l'unità aveva spianata la via più d'ogni altro alla vittoria mon~rchica, ma che agli occhi della monarchia aveva il torto d'essersi 1nalgrado tutto conservato fedele alla repubblica, al popolo, alla libertà. Nè d'una " libertà" astratta, metafisica, si trattava, - di quella cioè che i filosofi salariati conciliavano anche allora col bastone tedesco e la forca. " Bisogna determinare il senso e le applicazioni della parola libertà, - dichiarava Mazzini fin dat 1832 - poichè non v'è usurpatore, tiranno o invasore che non abbia cacciato innanzi a sè quel voèabolo a spianarsi la via del trono o della rapina n• E ricercando per suo conto questo senso, lasciava ad altri la cura di formularne l'espression~ astratta nelle regioni (1) Idem: Dell' lnsrirrezlone di Milano nel 1848 e della successiva guerra, di cui l'on. Macaggi ha testè curato una nuova ristampa per Il Solco. (2) Vedi prefazione di M. Menghini alla ripubblicazione da lui curata dei fascicoli della Giovine Italia, per la Società Editrice Dante Alighieri (Roma, 1902), a p. XXIX e XXXIV. I lettori osservino come il linguaggio dèi <padroni> d'Italia clerico-austriaci del 1830 sia all'incirca lo stesso del linguaggio degli ultimi <padroni> del 1923, allora come oggi contro tutti gli amici della libertà. BibliotecaGino Bianco
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