La Critica Politica - anno IV - n. 3 - 25 marzo 1924

• 136 LA CRITICA POLITICA di contenere, fino allora, la forza dissolvente che insidiava la vita col;- lettiva dell' l1npero, l'autorità dello Zar) dovevano imporsi, senza ambagi e senza remore, agli spiriti travagliati delle città e delle campagne. I due governi democratici che, tra il marzo e l'ottobre di quell'anno risolutivo, avevano progettato di assicurare alla Russia istituzioni liberali e moderate soddisfazioni politiche, pur continuando a combattere e conservando l'alleanza con le Potenze belligeranti occidentali, non affrontarono, in maniera decisiva e sollecita, nè l'uno nè l'altro di quei problemi di politica interna ed estera, che più stavano a cuore delle popolazioni, che più avevano eccitato le speranze e le fantasie. Il professore Rodolfo Mondolfo nel suo volu111etto Significato e insegnamenti della rivoluzione russa (Bemporad, editore), mette in rilievo le ragioni storiche per cui i più violenti, i più risoluti, poterono in quell'ora conquistare il potere e conservarlo negli anni venturi. < Finchè il governo democratico di Kerenski, o altro consimile, mantenendo la potenza economica del capitalismo industriale, legato, per la stessa comunanza di componenti, alla nobiltà feudale, gli conservava l'immancabile influenza politica, nessuna conqui- ..-sta delle masse contadine poteva essere assicurata con quella stabilità :irrevocabile che era, oltre che esigenza psicologica dei contadini, anche ·necessità di sviluppo per un paese tuttora rimasto, unico in Europa, enìiro i ceppi del feudalismo>. Ed è significativo il fatto che il primo decreto approvato dal secondo congresso panrusso dei soviet, all'indomani della rivoluzione bolscevica, è quello che dispone l' inizio delle trattative di pace e la distribuzione della terra ai cont~dini. Dopo otto mesi di incertezze e di turbamenti, la rivoluzione era pervenuta al suosbocco fatale. * * * Quanto agli eccessi di cui fu accusata la rivoluzione, gioverà ricordare, per la retta interpretazione dei fatti sociali, quello che scrisse il Macaulay, con quella ricchezza di raffronti che è pregio della grande arte narrativa dello storico inglese : egli trovava che le noyades e le Jusillades più che la Bastiglia e il pare aux cerfs erano argomenti dimostrativi dell'improvvida politica dell'antica Monarchia di Francia. Og~i :rivoluzione corrisponde in violenza al grado di malgoverno che, in ori- :gine, generò la rivoluzione medesima. Se la rivoluzione inglese del 1641 . .assunse caratteri meno ~cerbi e violenti di quella francese del 1789, egli 1è che gli inglesi sotto Giacomo primo e Carlo primo erano meno taglieg- .giati che non i francesi sotto gli ultimi re borbonici: e se la rivoluzione .americana del 1776 fu più mite di entratnbe le altre,- lo storico inglese ,ci assicura che l'America, sotto Giorgio terzo, era meno oppressa del1' Inghilterra sotto gli Staurdi. Se la violenza e la crudeltà della rivoluzione slava furono quali le dipinsero i suoi molti nemici, di quali abusi e di quali delitti non si è forse reso colpevole il governo autocratico ? CESARE SPELLANZON .Biblioteca Gino Bianco

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