La Critica Politica - anno IV - n. 3 - 25 marzo 1924

REGIONALISMOITALIANO DI UNO SCRITTORE FRANCESE 131 stare le sue autonorpie municipali, le sue franchige particolari. Fino a tanto che non sarà sottoscritto un nuovo trattato di Costanza, essa non arresterà la sua corsa>. A ciò egli ritiene di ostacolo la monarchia, costretta ad appoggiarsi ancora o alla Chiesa o allo straniero, come per il passato : < i Savoia sono troppo imbevuti dell' idea monarchica, la loro preoccupazione dinastica è troppo forte, le loro origini germaniche troppo potenti, il loro sviluppo particolarista troppo continuo perchè essi possano mai percepire la necessità davanti la quale si ,·troveranno >. Perciò egli crede che non il sogno di Dante, una monarchia civile federale, ma quello di Petrarca è destinato a realizzarsi : i comuni padroni assoluti del loro destino con Roma municipale anch'essa, che sintetizzerebbe agli occhi del mondo la loro libertà. Roma potrebbe essere la sede d' un parlamento comune, che risolverebbe gli interessi generali, la resid~nza d' un podestà generale - il podestà del Decamerone e non Ezzelino - incaricato dei rappresentare questi in~eressi presso le altre nazipni, la Roma dei Tarquini e di Gracchi, non mai quella dei Cesari. Indubbiamente bisogna far molte riserve a tale concezione, la quale risente alquanto della sua origine dirò cosl letteraria e storica : un ritorno ai Comuni è fuori della realtà storica presente che invece presuppone organismi sen1pre più vasti e complessi, che devono vivere in una Società inte_rnazionale di grandi stati, e certo non è più vero un antagonismo tra città e città_.Ma l'idea fonda1nentale è giusta, anche se non sia destinata ad una realizzazione assai prossima : certo non si può negare, come osservava il Ferrero, che la vita economica intellettuale e morale d'Italia è da. sessant'anni legata strettamente ad una idea centralizzatrice, e forse era anche esatto quanto il Ferrero scriveva (prima della guerra europea) che per cambiare tale regime sarebbe stato necessario un rivoluzionamento generale simile a quello della Rivoluzione Francese. Ma dopo il grande avvenimento della guerra e sopratutto come il problema del regionalismo è stato ora impostato, cioè non in contrasto della unità territoriale, politica e spirituale della nazione .italiana, ma bensì in opposizione ali' unità ed indivisibilità della ~ovranità la sua realizzazione non sembra poi neppure .un'utopia. Molti sono, è vero, gli ostacoli: ed al riguardo non possiamo che riportarci alle così giuste osservazioni dello Zuccarini nel suo articolo del fascicolo di gennaio: Possibilità del regionalismo. Tra l'altro il regionalismo ·non può contare sull'azione dei partiti, dei grandi partiti. Ma la sua forza e la sua possibilità sono altrove : < sono nel desiderio di autonomia che va diffondendosi in tutte le classi ; sono nella convinzione che i partiti, il parlamento, tutto il mec- -canismo attraverso il quale si svolge la politica dello .stato non basta a .soddisfare le molteplici esigenze della vita moderna ; sono nella preoc- ~upazione - ogni giorno più viva - di riportare gl' interessi al governo .ed alla tutela di sè stessi>. Sono, aggiungiamo noi col Maurel, in questa ininterrotta tradizione. storica dall'epoca romana ai Còmuni ed alle SiBiblio eca Gino Bianco

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