LA DEMOCRAZIA t UN MITO ? 127 tratti anzi di una delle prime tappe. È anche certo che ogni realizzazione federalistica, in quanto spezza le subordinazioni coatte e avvera le coordinazioni spontanee tra i cittadini, è una conquista preziosa e definitiva dello spirito democratico; ma sono questi gli ultimi squisiti frutti del processo di democratizzazione, ai quali si petverrà in· uno stesso tempo, che non è vicino, per mezzo delle crescenti autarchie territoriali e sindacali. E, frattanto bisogna veder, logicamente e cronologicamente, di piantar saldamente f i piedi sul terreno d'uno Stato moderno, che non sia una menzogna con venzionale ma una realtà; e che sia una realtà solida e seria: la quale resista anche alla prova dura e non ·vacilli e non si rovesci contro i cittadini, come accadde, dal maggio del 1915 all'ottobre del 1922, ogni volta che una grossa questione venga all'orizzonte. In una Italia, caro Pierangeli, che nel Sud si dimostra di mentalità borbonica (sopratutto nelle campagne I) e nel Nord si dimostra di mentalità austriacheggiante (sopratutto, anche qui, nelle campagne l) questo semplice obiettivo : abbia l'Italia uno " Stato "' senza aggettivi e con l'iniziale maiuscola I non è affatto passatista; è anzi, purtroppo, dell'avvenire, e anche, ·temo, di un avvenire non prossimissimo (1). Ma, del resto, a voi tutto ciò che cosa può importare? Per voi quasi quasi è bene che questo famoso Stato non faccia la sua comparsa: è bene del momento che, al seguito dello Stato, c'è sempre il malfamato corteggio della burocrazia, dell'accentramento, della plutocrazia, del parassitismo ecc. ecc. E, a questo punto, si innesta la vostra proudhoniana apologia dei rurali. .. ; riguardo alla quale mi duole che il tempo e lo spazio, ormai giunti all'estremo, mi costringano a dare telegrafici accenni: che il fascismo è nato e vive proprio come fenomeno di vandee agrarie; e che il " rassismo " rappresenta proprio esso una specie di autonomismo localistico di puro stampo feudalistico (2). Ora si chiede : è a questo che dovrebbe ridursi la vostra celebrazione del localismo rurale da attuarsi ipso facto ? Sono queste le forze, giovani, sane (che tanto piacquero a don Sturzo) che vorreste contrapporre ai centralismi urbani, focolai di tirannia e di corruzione e di sperperi? Non lo credo; non mi pare neanche verosimile. E, se non fossi proprio costretto a tagliar corto, vorrei dimostrarvi che il formarsi dello Stato, dei grandi agglomerati urbani e dell' industrialismo moderno sono fatti strettamente collegati insieme; e che, ali' infuori di queste grandi linee direttrici non sia, oggi, nel ruralismo dislocato e patriarcale, altra sorgente di forze che quella, tradizionale, delle forze conservatrici. MASSIMO FOVEL (1) Ma questo Stato con la maiuscola da dove deve pioverci? Dal cielo? Su quali classi si deve poggiare? In virtìt di quali interessi concreti deve agire? (La Critica). (2) li fascismo sorto nelle città partl alla conquista della borghesia rurale e avvalendosi del momento favorevole raggiunse il suo scopo (la borghesia rurale fu fascista e fornì al movimento il grosso delle sue forze) ma rimase nei suoi capi e nella sua azione un movimento essenzialmente urbano; gli agricoltori non hanno alcuna influenza effettiva nè sul Governo nè sulle alte gerarchie del partito, come fra l'altro è dimostrato in modo inconfutabile dalla politica tributaria di De Stefani e dal lirismo con cui Mussolini esalta l'attività industriale. - (La Critica). ✓ Biblioteca Gino Bianco
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