La Critica Politica - anno IV - n. 2 - 25 febbraio 1924

.. 70 LA CRITICA POLITICA uno scopo meramente politico ed unitario, salvo a tradirne poi le aspettative di libertà e d'uguaglianza. Egli voleva utilizzare le tendenze rivoluzionarie popolari a vantaggi? dell'Italia, ma con la ferma intenzione di appagarle, non di tradirle. Dando un carattere sociale, vale a dire uno scopo di libertà e d'uguaglianza alla rivoluzione italiana, Maz.zini intendeva raggiungere il doppio scopo dell' indipendenza dallo straniero e della liberazione dalle tirannidi paes~ne. Ma intanto l'idea d'unità e di indipendenza diventava prevalente; e di essa si impadronirono, isolandola, i diplomatici ed i moderati, che ne tolsero l'iniziativa al popolo per affidarla ad un monarca - e per attribuire al monarca anche i meriti dell'iniziativa popolare misconosciuta. A ciò si riusc} dopo il 1848-49, ·profittando macchiavellicamente del periodo di depressione che segu} quei due anni 'di rivolte, di battaglie, di eroismi e di febbre. E i profittatori ne furono appunto coloro che più avevano la responsabilità della nuova sconfitta della rivoluzione italiana, coloro che avevano tradito Milano e isolate Roma e Venezia. Immedesimando la causa dell'unità italiana con quella dell'espansionismo sabaudo, subordinando anzi quella a questo, ed in quella credendo mediocremente ed in senso assai relativo, separarono la causa unitaria e d'indipendenza dalla causa della lib~rtà; e si decisero pi1ù tardi alla guerra all'Austria non per aiutare la rivoluzione italiana, bens} - come dichiarò lo stesso Cavour - per ostacolarla o almeno frenarla. La borghesia più ricca e più avveduta, scettica all'inizio, quando s'accorse che il movimento italiano diveniva forte e travolgente, volle padroneggiarlo e dirigerlo ai suoi fini. Nel suo concetto l'unità nazionale aveva un valore diverso; in essa scorgeva e sperava lo sviluppo delle industrie _e dei commerci, i vantaggi d'un' unica legislazione, l'abbattimento delle inco- _mode barriere doganali, i porti più attivi, le ferrovie più estese, una maggiore libertà economica, ecc. A tali fini bisognava bens} sfruttare le forze popolari, ma a patto che queste non prevalessero; e quindi occorreva dare al popolo solo quel po' di libertà politica che potesse illuderlo, affezionarlo ai regi, non spingerlo troppo in là: la libertà col contagocce I Il contagocce fu lo Statuto Albertino, strappato nel 1848 dalla minaccia popolare, conservato dopo il 1849 per abile calcolo dalla Monarchia sarda, mentre tutti gli altri tirannelli rinnegavano le loro costituzioni. Il tener fede ai patti fu, ancora una volta, la miglior furberia. Benchè le libertà statutarie piemontesi fossero assai magre, e limitate ancor più dopo il 1849, esse non eran meno invidiate dagli italiani del resto della Penisola, i quali ormai guardavano al Piemonte come alla terra promessa. Invano il partito dei giovani e dei repubblicani, il Partito d'Azione, metteva in guardia il popolo contro le illusioni: i timidi, i paurosi, i disillusi ingrossarono il partito dei moderati 1 nella speranza di vincere più presto e con meno rischi - specialmente senza rivoluzione - con le armi e nel nome di un Re. Questo partito fu quello che vinse, e vinse assai più di quel ·che sperasse e credesse ~Il' inizio. li genio di Cavour seppe all'uopo non soltanto barcamenarsi in mezzo alla diplomazia europea, ma sopratutto sfruttare abilmente le forze rivoluzionarie italiane a lui ed alla monarchia più avverse, delle quali seppe giovarsi più o meno indirettamente come un ingeBiblioteca Gino Bianco

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