La Critica Politica - anno IV - n. 2 - 25 febbraio 1924

PATRIA E LIBERTÀ 65 straniero e non più sballottata tra il Papato e l'Impero, poco appresso Bruno e Campanella vanno più in là, si sentono universali ; ed in specie il secondo arriva all'apoteosi della scienza e dell'uguaglianza uma na, d'una fratellanza in cui non sia più distinzione di mio e di tuo. Ma la luce si spegne presto; e prendono il sopravvento i gesuiti, l' in- quisizione e il Concilio di Trento. Di patria e d'umanità non si parla più se non per vezzo arcadico. L'Italia infrollita e spagnolizzata, divisa e ancella dello straniero, ignorava il suo Vico, metteva all'indice Macchiav elli, tormentava Galileo, levava alle stelle il cavalier Marino ed aveva sul finir del 700, prima delle anticipazioni 'rivoluzionarie della letteratur a enciclope- .dista, per massimo esponente del suo patriottismo l'abate Me tastasio, poeta cesareo alla corte di Vienna: era inson1ma una < patria> di stucco, senz'anima, senza vita, innocuo dilettantismo di rimatori belanti inutilme nte sulla prostrazione più vergognosa della patria viva, che ignorava anco ra se stessa. La patria vera, reale, non potea rivelarsi che attraverso la Ri voluzione per la libertà. Le preparò il terreno intellettuale la influenza delle lontane rivoluzioni inglese ed americana e dell' Enciclopedia, per cui l'Alfieri non seppe concepire l'amor di patria se non attraverso il sentimen to di libertà e lo spirito di rivolta. L'ultima sua tragedia, Bruto Secondo, in cui si esaltava l'uccisione del Dittatore di Roma, fu scritta proprio nel 1789, primo anno della Grande Rivoluzione ; ed il poeta la dedicò " al Po polo Italiano futuro n• Dopo pochi anni il popolo rispondeva all'appello, e dava alla lib ertà del suo paese, a Torino, a Bologna, a Napoli i primi purissimi martiri. Lo scoppio della Rivoluzione in Francia fu come l'eruzione d i un vulcano, di cui le lave ardenti si fossero spinte quasi ai confini del mondo : l'Italia, che più· viveva da circa un secolo in stretta comunion e spirituale e di costumi con la Francia, ne fu infiammata. I Principi al c ontrario s'atterrirono, e strinsero i freni. Ma le idee dei clubs parigini, de l giornalismo rivoluzionario francese, della Convenzione penetravano ovunq ue. Delle società sorsero qua e là, più o meno segretamente, in cui non s i parlava che di libertà, di patriottismo, di fraternità dei popoli. Il successo giacobino, giustificando gli errori del partito omonimo agli occhi dei più , aveva fatto pullulare i giacobini anche in Italia. < Liberare l' Italia dai tiranni > poco per volta divenne il sogno più ardente di mille anime. I <tiranni> eran tutti i re e principi indigeni; l'odio allo stran iero, più tardi così fortemente eccitato dall'oppressione austriaca, allora non era sentito. Anzi, tremendo errore che costò disillusioni, dolori e sa ngue, - ma inevitabile, in un popolo debole ancora e senza forze proprie, - si sperava dalle armi straniere un aiuto contro le tirannidi 1)nterne. Lo stesso dominio austriaco era, prima della Rivoluzione, quello più sopportabile economicamente e politicamente ; e ciò contribuì a rafforzare l'errore. Si guardava alla Francia come alla terra promessa, alla sorella maggiore; e quando, declinando già a Parigi le sorti rivoluzionarie, gli eserciti sancu lotti s'affacciarono alle Alpi, il popolo delle città italiane si preparò a riceverli come liberatori. Alla te.sta dei.< liberatori > era un Italiano; e gli italiani non avrebber mai pensato che proprio lui avrebbe ritolto l'indomani con la sinistra quel che ieri avea· dato con la destra, e soffocata quella libertà in nome della Biblioteca Gino Bianco ·

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