La Critica Politica - anno IV - n. 1 - 25 gennaio 1924

\ 38 LA CRITICA POLITICA chico delle amministrazioni dello Stato, la magistratura in una posizione morale ed economica adeguata all'altezza ed alla nobiltà della funzione, per modo che sarebbe da prevedere che coll'accresciuto prestigio debbano altresl cessare l'esodo dei' migliori e verificarsi l'ingresso di nuove giovani forze, ma si tratta più di buone intenzioni del ministro che di una realtà effettiva. Giacché alle sue parole, che a seguito di tutti i sacrifici imposti alla magistratura, con aumento di lavoro a seguito della diminuzione delle ·sedi giudiziarie e delle difficoltà per conseguire le promozioni, con gli esoneri e collocamenti a riposo prematuri, bisognasse « fare alla magistratura· un trattamento che, nello inquadramento delle classi di rango, ne sanzionasse la preminenza sia dal punto di vista morale che economico » non solo non corrispondono i fatti, giacché ad es. risulta evidente che tale preminenza è accordata allo esercito, il cui trattamento economico è superiore, ma sta una effettiva burocratizzazione (ci si passi la brutta parola) della funzione giudiziaria, cui questa si era finora sempre sottratta. Ora non si può negare che un impiegato ed un giudice non sono la stessa cosa, e ciò discende dal fatto stesso che l' impiegato è organo del potere esecutivo ed il giudice di un altro dei poteri dello Stato, cioè di quello giudiziario. Ma per tornare alla riforma giudiziaria risulta evidente che le modificazioni del ministro Oviglio non sono neppure un avviamento alla soluzione del problema, il quale andrebbe posto su nuove e più solide basi. La fondamentale delle quali è l'assoluta indipendenza del potere giudiziario dal Governo : la magistratura dovrebbe adottare per sè il motto che recentemente il Presidente del Senato rivendicava a questo corpo, « nec spe nec meta » e per farlo, evidentemente non dovrebbe dipendere dal governo nè per le destinazioni nè per le promozioni. Invece lo spirito della riforma Oviglio è nel senso di un reciso ritor~o all'arbitrio ministeriale, coll'abolizione del Consiglio Superiore elettivo, che la magistratura considerava una propria conquista, col negare la guarentigia della inamovibilità ai funzionari del P. M., col mantenere anzi coll'accrescere la facoltà nel ministro di assegnare le sedi secondo il proprio volere. Non si possono negare alla riforma Oviglio utili innovazioni in questioni di dettaglio specialmente circa le garanzie di un tirocinio più serio prima dell'ammissione all'esercizio effettivo delle funzioni giudiziarie ~ circa il sistema delle promozioni, giacchè se la magistratura deve essere organizzata in carriera (dal che noi dissentiamo profondamente) è giusto che i migliori, i più solerti e volonterosi, i più elevati intellettualmente e moralmente, abbiano una più rapida ascesa, e le norme con · cui tale sistema è regolato sembrano davvero eccellenti, specialmente circa il rapido avanzamento dei classificati per merito distinto. Viceversa non egualmente commendevole ci sembra, anche per gl' inconvenienti cui certamente si andrà incontro nella pratica, la equiparazione del grado di consigliere di Corte di Cassazione a quello di primo presidente o procuratore generale di Corte d~Appello, anche perchè consacra l'arbitrio ministeriale sulla nomina a tali ultimi posti di- . rettivi con l' unico limite che il grado sia stato conseguito da tre anni. Si avrà una vera corsa a! conseguimento dei gradi, di cui sarà arbitro il Consiglio dei Ministri, acquistando cosl le nomine dei primi presidenti e procuratori generali un vero e proprio carattere politico, con notevole peggioramento sul sistema attuale, nel quale le nomine erano sl fatte dal Consiglio dei Ministri ma sulle proposte dal Ministro basate sull'anzianità. La magistratura esce insomma, dal nuovo ordinamento giudiziario maggiorBibliotecaGino Bianco

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