La Critica Politica - anno IV - n. 1 - 25 gennaio 1924

... 16 LA CRITICA POLITICA correnti. radicali italiane abbiano contribuito a realizzare un imponente fenomeno : quello delle liberazioni nazionali che si sono verificate in tutta Europa e in Asia e che sono un prodotto rivoluzionario (eminentemente <democratico> anche se avveratosi traverso i varii nazionalismi) uscito dal grande conflitto. D'altro canto la stessa violenta e inaudita reazione che il fascismo ha scatenato non solo contro il movimento operaio socialista, ma forse piil ancora, contro tutta I~ politica interna (cooperative, sindacati d' impiegati, mutualità di Stato ecc. ecc.) dagli ultimi vent'anni è la riprova assoluta che i gruppi di democrazia, per una ragione o per l'altra, questo poco importa, hanno fatto una politica conforme e non disforme ai propri i principii. Non val neanche la pena di far notare, tanto è ovvio, che la nostra " democrazia,, per il fatto solo che è sempre stata burocratica, riformistica, statolatra agnostica di fronte alle istituzioni ecc. ecc., raffigura un tipo politicamente inferiore di democrazia, e cioè quella dei popoli minorenni. Ma nei limiti in cui essa ha agito, ovverossia nei limiti della nostra - minorità storica, che ci costringe a una politica statalistica, essa ha risolto .il problema ponendo, in complesso, lo Stato a servizio degli intere·ssi e delle aspirazioni delle classi diseredate; e in questo senso, ristrettamente econo.- mico ma pure non privo di ripercussioni - il suffragio universale - essa ha sviluppato nel < vecchio regime> una parte notevole dei proprii postulati. Ora è molto difficile concepire - a. meno che non si immagini davvero che il fascismo è un superamento storico - che una massa cosl compatta • e stabile di rapporti, di orientamento, e di consuetudini possa andare distrutto d'un colpo e per sempre. Giorno per giorno si hanno le prove che, pur essendo embrionale e molto malsicura, la coscienza socialista della massa operaia, pure essa sopravvive sotto la coercizione e dietro la maschera; e, nella stessa _guisa si deve supporre che quella coscienza democratica, che in alcuni gruppi dirigenti e in larghi strati della popolazione era pur nata, non sia morta ma solo sopita, non sia soppressa ma soltanto compressa. Il ritorno reazionario del fascismo, che ha sorpassato le stesse posizioni conservatrici dello Stato, sia pratiche che ideali, per collocarsi su un piano di attività e di idee apertamente borbonico e, in questo suono, prestatale, è senza dubbio imponente. Non conviene però mai dimenticare che, per soverchiare lo Stato liberale e per tener soggette le correnti democratiche del paese - tra cui tutta la democrazia di estrema sinistra e una parte della stessa democrazia costituzionaJe: demosociali dissid~nti, riformisti, combattenti ecc. ecc. - esso abbisogna ancor oggi della violenza in atto e minacciante. Dopo un anno e più di governo di reazione è evidente - ciò che non era affatto un anno fa: anzi - che il contrasto fra la coazione governativa e la forze spontanee del paese si va accentuando, e tali forze, escluse quelle operaie più ammutolite di altre, non possono essere che quelle della democrazia. I vecchi partiti < democratici > - oggi sopratutto, demosociali - aderiscono all'attuale situazione, e, essendo essi gli esponenti tradizionali di correnti o di situazioni. democratic~e, fanno ritenere che il loro lealismo go~ vernativo implichi l'annullamento anche delle forze, per incoerenti che siano, che vi rispondono nel paese. La realtà è invece che, nello stesso modo che la forze conservatrici del paese hanno, con la formula fascista, sorpassato e reintegrata la < casta politica > conservatrice, le forze di democrazia vivono anch'esse, sul rinnovamento determinato dalla guerra, all'infuori delle loro Biblioteca Gino Bianco

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