la critica politica - anno III - n. 12 - 25 dicembre 1923

AI MARGINI D'ITALIA: IL REGIONALISMO CORSO 521 incontro aHe questioni in maturazione, e prevenire le crisi con un provvedimento non ancora divenuto d' improrogabile necessità, può essere, per una grande potenza, atto di saggia e raffinata politica. Se la Francia concedesse alla Corsica l'autonomia amministrativa, come promise due anni fa Millerand in un discorso durante il viaggio nell' isola, cadrebbe ogni ragione di protesta e di malcontent<? da parte dei corsi, che sono ancora, giova ripeterlo, fedelissimi francesi. L'autonomia, integrata con la libertà doganale, restitui.rebbe la prosperità materiale a questo popolo di migratori (che troverebbe più utile restare in patria) e permetterebbe la conciliazione della insopprimibile tradizione storica con la nuova civiltà francese. Tutto ciò è possibile adesso che la fiamma non è divampata, e le legna u1nide ancora scoppiettano. Ma se la passione regionalista, o nazionale, come dice la generosa minoranza eretica, dovesse raff(?rzarsi fra la trascuranza offens'iva o le persecuzioni della Francia, senza arrivare ad uno sbocco legale, domani ci troveremmo dinanzi ad un vero e proprio ·separatismo, che non potrebbe significare altro che irredenti- . smo italiano. Se l'Austria avesse dato ascolto agli intellettuali italiani che dal 1909 al '13 studiarono serenamente il problema orientale, dal punto di vista delle esigenze culturali delle nostre minoranze, forse sarebbe n1ancata nel '15 una delle più forti spinte alla guerra. Noi non vogliamo crearci un'altra Trento e Trieste. Ma deve anche la Francia comprendere la situazione spirituale di una parte notevole di suoi sudditi, ed evitare di dare il pretesto perchè si creino, in un popolo romantico come il nostro, stati d'animo sfruttabili da un gruppetto di cinici non troppo ingenui. CAMILLO BELLIENI CAPITALISMO E DEMOCRAZIA . Certe discussioni sui problemi più vivi e attuali dell'ora presente ( e quello della libertà è di tutti il più vivo e attuale) non portano nessuna luce nuova anche per la ragione che di solito partono da présupposti errati. Uno di tali presupposti è che tra industrialistno e de,nocrazia corrano relazioni di dipendenza come di causa ad ef/etto. Per lo stesso presupposto si parla dei peti agrari come di ceti conserv.atori e dei gruppi industriali come di gruppi liberali e democratici, quasi ché, nel caso presente, e gli uni e gli altri non concorressero in eguale misura alla politica reazionaria del Fascismo. La verità è che tali relazioni di dipendenza non esistono. Non solo gli agricoltori sono interessati ad un ordina,nento democratico assai più di quanto lo siano gl' industriali, ma è possibile dimostrare che alla evoluzione delle istituzioni politiche in senso antidemocratico ha .fortemente contribuito la pressione delle nuove classi industriali. Non per questo, però, si sarebbe autorizzati ad arrivare alla conclusione opposta. La libertà è necessaria agi' interessi dell'industria altrettanto quando a quelli dell'agricoltura. Ciò . 'in linea generale. Con particolare riguardo all'attuale sittlazione politica in "' Italia diremo che il Fascismo,_ piuttosto che quelli dell'agricoltura, realizza gl'interessi della borghesia industriale o meglio di quella parte di essa nata ~ e sviluppatasi alt' ombra del protezionismo e del favore dello Stato . . Biblioteca Gino Bianco

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