STUDI STORICI Documenti risolutivi per la_storia della Tipografia di Capolago Nella storia della gloriosa Tipografia Elvetica di Capolago, da me narrata nell' A_ppendice al Dramma fra gli Esuli, e' è un punto oscuro che forse dai lettori non sarà stato rilevato, ma che a me diede sempre delle preoccupazioni, non scevre da una punta di rimorso. Benchè avessi coscienziosamente eseguite tutte le ricerche per me possibili, pure non mi sapevo capacitare di non esser riuscito a stabilire se Alessandro Re- , petti, rilevatario della tipografia nel 1842, avesse continuato ad esserne il proprietario fino alla forzata liquidazione di essa per le persecuzioni ordinate al governo Elvetico da quello Austriaco. Il Repetti - dimostravo in quel rapido cenno sulla vita dell' < Elvetica ~ - aveva in parte offuscate le sue benen1erenze tacendo in modo assoluto, nel suo opuscolo del 1887, il nome del De Boni e specialmente quello di Gino Daelli, collaboratore il primo assai attivo del proprietario, ed il secondo direttore per molti anni, degnamente, della tipografia; ma non avevo mai dubitato ch'egli potesse aver cessato di rappresentare il movimento di cultura rivoluzionaria, noto sotto la ditta della Tipografia Elvetica di Capolago, prima ancora della straziante morte di Luigi Dottesio. Sembra a tutta prima una questione sottile e di scarsa importanza, ma quando si tenga presente la benefica influenza esercitata da quella tipografia sullo sviluppo della coscienza nazionale italiana, e la indissociabilità di essa dalla storia del pensiero federalistico, e quando, specialmente, si consideri che la fase più pericolosa e difficile della produttività editrice di· essa fu precisamente quella che coincidette con la pubblicazione del 3° volume dell'Archivio Triennale, col martirio di quel generoso contrabbandiere di libri che fu Luigi Dottesio, con la edizione degli ultimi otto volumi dei Documenti della Guerra Santa, nonchè col lancio - per dirla in linguaggio editoriale - della Filosofia della Rivoluzione, della Federazione repubblicana e dell'opuscolo L'Italia dopo il colpo di Stato di Giuseppe Ferrari, dovrà ognuno convenire che non è questione oziosa Io stabilire se il merito di aver dato fuori tali opere, giudicate dal governo austriaco come incendiarie nel senso politicamente più pericoloso della parola, spetti al Repetti piuttosto che al Daelli. Non parrà dunque strano eh' io provassi in questi giorni un vivo senso di soddisfazione nel ritrovare documenti risolutivi de' miei dubbt, Biblioteca ·Gino Bianco
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