la critica politica - anno III - n. 12 - 25 dicembre 1923

490 LA CRITICA POLITICA Stato solo per contribuir.e alla sua disorganizzazione e per accrescerne la difficoltà di funzionamento. Il Fascismo ha posto fine, in forma spiccia e brutale, all'anarchia delle dittature in compartecipazione dei partiti destinate a trovare nel Parlamento un terreno costantemente instabile, imponendo la propria dittatura al di fuori del Parlamento e contro il Parlamento. E così non solo ha risolto per proprio conto e per vie dirette quel problema della conquista assoluta dello Stato che gli altri Partiti si studiavano di realizzare attraverso il giuoco delle schermaglie e delle combinazioni parlamentari, ma Io ha anche risolto nel solo modo che lo Stato oggi, cos) come è costituito, potesse comportare. La realtà presente sarà, anzi è insopportabile. E si capisce come di fronte ad essa molti sentano il desiderio di un ritorno al passato, dove almeno le forme esteriori erano salve, e incruenta la lotta per la sup,remazia dei partiti e dei gruppi, e libera la espressione del pensiero individuale, e le elezioni offrivano al _popolo là illusione di un esercizio di sovranità praticamente nullo. Ma se il passato può essere oggetto di ,. qualche rimpianto, se ricordandolo si può oggi dire che < si stava meglio quando si stava peggio », non può offrire il punto di arrivo per l'avvenire. Anche per una ragione: che il Fascismo potrà sempre dire ai < pregiudiziaiuoli delle forme > di non aver distrutto niente. La interna costituzione dello Stato è intatta. Resta la Monarchia. Resta il Parlamenro. II meccanismo elettorale ha subìto una sostanziale modificazione che p~rò risponde ad una necessità assoluta dello Stato moderno. L'accentramento esige unità e continuità di governo : due cose che, per la facile mutabilità delle Assemblee parlamentari, dovuta al frazionamento dei gruppi si era addimostrato praticamente impossibile ottenere col precedente sistema di elezioni. Quanto al resto nessuno può più pensare o I sperare, dopo quel che è avvenuto e restando lo Stato quale è, che le cosidette libertà costituzionali (riconosciute e sancite dallo Statuto) possano trovare domani nella Dinastia il loro presìdio o che il Parlamento possa mettersi in grado di salvaguardare comunque quella sovranità del popolo che in esso avrebbe dovuto trovare la propria espressione. Se in un domani più o meno lontano la libertà dovrà essere riconquistata dai cittadini - e non v' è dubbio che lo sarà - dovrà pure trovare forme di difesa meno fragili e incerte. Le dinastie alla libertà saranno sempre infedeli 1 La sovranità del popolo non potrà, no, fineh è non mutino l'officio e l'organizzazione dello Stato, sperare di realizza~si nella forme puramente esteriori del sistema parlamentare. Guglielmo Ferrero - che pur se n'è fatto strenuo difensore in questo momento - riconosce che il governo rappresentativo è il risqltato di un giuoco nel quale, non diversamente di quello che si fa a Montecarlo, vincono i più abili e fortunati, e non già i più capaci. Un giuoco pacifico, regolato da leggi convenzionali che ha potuto assolvere il suo compito soltanto fino a che i partiti che vi partecipavano .non hanno avuto la voglia e il mezzo di riBiblioteca Gino Bianco

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