la critica politica - anno III - n. 11 - 25 novembre 1923

450 LA CRITICA POLITICA , L'Impero Romano, nondimeno, inaridiva le fonti della vita che lo alimentava. Molte furono le cause contingenti che lo minarono. Ma non ultima tra queste fu il fatto, che, per qua~to esso, in un certo senso, rispettasse l'autonomia dei costumi locali dei vinti, nondimeno non seppe evolvere in modo di far partecipare costoro all'opera di determinare i suoi destini e di mantenerne la pace : esso illanguidì la vita politica e religiosa locale invece di farla convergere verso una nuova vita politica e religiosa centrale. In assenza di regime rappresentativo il Governo centrale non potè non diventare governo dall'alto ; efficiente, fin che si vuole, ma non educatore di responsabilità ; e gli uomini amano solo i regimi che sanno cattivarsene le menti e i cuori. Senza di ciò la elevazione civica vien meno ; e specie se la mole è vasta, se le comunicazioni sono difficili e lente, se le popolazioni sono eterogenee, una crisi del Governo centrale presto o tardi è inevitabile e con la divisione dell'Impero s' inizia il processo di affermazione delle provincie, di differenziazione di governi locali, che avrà a suo ultimo termine la polverizzazione dello Stato e il sorgere del feudalismo. Lo Stato nazionale moderno è _il primo tentativo di una sintesi dei vantaggi che diede all'umanità l' Impero Romano - la Pace, la sicurezza, l'ordine - con il beneficio della libertà ; in esso troviamo la devozione entusiastica del cittadino alla società di cui è membro combinata con una pace che è assisa su tale devozione: l'autorità emerge dalla libertà e la pace, interna ed esterna, riposa su entrambe. Senonchè la pace esterna di ogni Stato nazionale riposa sulla sua capacità di resistere ad attacchi : data la diversità in popolazione, ricchezza, territorio, esperienza, posizione geografica di ogni Stato nazionale, ad ogni momento ve ne sono inevitabilmente di debolissimi, di deboli, di forti e di fortissimi; la pace non è mantenuta che nella misura in cui le tentazioni della strapotenza dei for.tissimi son tenute a freno dalla disposizione a coalizzarsi dei più deboli. Di qui la teoria e la pratica dell'equilibrio delle potenze; principio che, se non sempre mantenne la pace, servì però non poco, almeno fino ad oggi, la causa delle libertà, sia nazionali che politiche. E ciò principalmente perchè I' Inghilterra, costituitasi a nazione prima degli altri Stati nazionali, si senn costretta, per impedire il ripetersi di invasioni simili alla norrnanna, di appoggiare i diplomaticamente deboli e scender con essi contro il più forte in guerra. Tale principio però, se salvò incidentalmente e sviluppò la libertà, non poteva in- modo perenne, come si disse, mantenere la pace, sia perchè riposa sull'assunto che chi si sente più forte tenderà ad abusar della sua forza a spese dei deboli ; e tale assunto promuove lo spionaggio e l' intrigo diplomatico ; sia perchè, basato su istinti di reciproca diffidenza, tende a interpretare la moderazione nell'uso della forza come segno di debolezza e di paura. L'assunto non è infallibile : la Svizzera non ha mai, ad esempio, avuto velleità di conquista; il mondo britannico e l'americano, se l'avessero voluto, avrebbero a più riprese potuto disporre per Biblioteca Gino Bianco

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