la critica politica - anno III - n. 11 - 25 novembre 1923

• LA GUERRA E LA FILOSOFIA 475che la /anno ( che è poi la volontà di quelli che hanno il potere, la rappresentanza, la responsabilità ecc.). < Questa volontà potrà certo sbagliare> (meno male); < ma sbagliare si deve, se solo sbagliando si può < imparare, e solo attraverso il dolore l'anima umana si purifica e ascende < a' suoi alti destini> .... Giacchè - soggiunge l'autore - il vero errore è di credere che si potrebbe non errare ecc. ecc. Confessiamo di rimanere .stupiti dinanzi a così alta filosofia, che cancella ogni distinzione tra l'errore e la verità, tra il bene e il male, e sopratutto nega quello che è il nostro dovere fondamentale, di confessare sempre la verità - o quella che a noi appare tale - e di combattere il male, anche col sacrificio dei nostri interessi e della nostra vita. * * * La guerra è un male, appartiene alla patologia, non alla psicologia della società moderna : essa è, per i popoli, quello che la delinquenza è per l'individuo. Si uccide dall'individuo per odio, o per cupidigia dei beni altrui, o per altra malvagia passione, talvolta per un capriccio o per follia. Si uccide, è vero, anche per non essere uccisi, o per non subire una grave violenza o ingiustizia: in questo caso la delinquenza non è in chi si difende, ma è tutta dall'altra parte; così anche nelle guerre per l' indipenderyza). In altri casi, la delinquenza può essere da ambo le parti, specialmente se dalle cause prossime rimontiamo alle remote. Talvolt~ poi due popoli muovono in guerra fra loro, per la paura che hanno l'uno dell'altro. Più spesso, i popoli sono spinti a combattersi dalle ambizioni de' capi di governo, dagl' interessi di una casta militare, o dei finanzieri e capi di industrie, chiamati a fornire armi e ·materiali di guerra al proprio paese e non di rado anche al nemico. * * * La questione non è dunque se la guerra debba essere abolita, eliminata da' costumi e dalla storia di popoli moderni, ma soltanto se si possa eliminarla, se si possa prevenirla e reprimerla, come la delinquenza privata, se l'Umanità possa liberarsi da questo male, che rende vani tuttr i suoi sforzi per progredire sulla via della civiltà, e la condanna ad un continuo lavoro di Sisifo. Ora noi non disconosciamo le difficoltà, che presenta il problema. Una giustizia internazionale è difficile ad istituire, perchè giudici sarebbero le parti stesse, cioè i grandi Stati, e per essi i rispettivi Governi. E delle due l'una: o si conferirebbero a' giudicanti i mezzi necessari a poter imporre ai recalcitranti il rispetto delle loro dec!sioni - e si· costituirebbe allora unà forza, che facilmente si convertirebbe in un mezzo di dominazione di alcuni Stati su' tutti gli altri - ovvero le decisioni Biblioteca Gino Bianco

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